Geotermia in Umbria, Brega difende la Regione: “Le affermazioni di Righini sono inaccettabili”

PERUGIA – Le affermazioni del manager della società Itw Lkw, Diego Righini, sulle cause dei ritardi del suo progetto di Geotermia, non sono passate inosservate. Righini, in un intervento pubblicato sul Sole24ore, aveva detto che “se avessi oliato a dovere i funzionari e passato bustarelle ora sarebbe tutto risolto”. Ora arriva la secca replica del presidente della Seconda commissione, Eros Brega, a nome anche di tutta la commissione. “Riteniamo gravissime e inaccettabili le considerazioni di Righini – spiega Brega – e chiederemo formalmente alla presidente dell’Assemblea legislativa, Donatella Porzi di attivarsi per valutare i contenuti delle affermazioni del manager della Itw Lkw e, qualora se ne ravvisassero gli estremi, di agire a tutela della Commissione e dell’Istituzione”.

Brega spiega che l’iter del progetto “è stato particolarmente travagliato e oggetto di contrastanti considerazioni, sia nel merito che da un punto di vista procedurale. Ha dato luogo ad un forte discussione pubblica che ha riguardato le istituzioni, le forze politiche e le associazioni di cittadini; in tutto ciò ha certamente pesato un quadro normativo e amministrativo che va sicuramente semplificato e reso più efficace, efficiente e rapido nelle conclusioni. Ma detto questo – conclude –, e assicurando che è nostro preciso obiettivo quello di procedere alla piena attuazione del processo di semplificazione del quadro amministrativo regionale, respingiamo con fermezza le affermazioni del dottor Righini e ne sottolineiamo l’estrema gravità. E anche se il manager di Itw Lkw ha voluto usare un paradosso, pesante e assolutamente fuori luogo, assicuriamo lui e tutti i cittadini umbri che le istituzioni e i funzionari regionali non sono ‘oliabili’ ”.

La replica dell’azienda all’indignazione delle Istituzioni: “Ritardi dovuti a capricci personali dei Sindaci e della politica”

LA MISSIVA AL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO: “Revocare alla società proponente la concessione” 
Intanto la discussione sul progetto è proseguita in Seconda commissione di Palazzo Cesaroni. Dibattito e scambio di opinioni tra i consiglieri regionali in vista dell’ultimo atto, quando la prossima seduta l’organo voterà una risoluzione attraverso cui trovare punti di contatto tra tutti i commissari. Proprio durante la riunione della commissione è emersa una missiva, indirizzata al ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, ai presidente delle Regioni Umbria e Lazio, ai presidenti delle commissioni Ambiente e ai procuratori della Repubblica di Roma e Terni. Il documento è firmato da Piero Bruni, presidente dell’Associazione Lago di Bolsena e chiede la revoca alla società proponente della concessione e di tutte le sue autorizzazioni, esponendo nel dettaglio i motivi di tale richiesta.

Partendo dalle distanze dal tono “arrogante” di Diego Righini, la lettera spiega che “la società proponente ha un socio unico, di diritto austriaco. È stata fondata con capitale di 200mila euro e ha un consiglio di amministrazione di 5 membri, in maggioranza commercialisti. Il signor Righini è il consigliere delegato dalla società per le relazioni pubbliche e per contrastare i detrattori del progetto. La società ha un unico dipendente, presumibilmente una segretaria”. Bruni fa riferimento poi a delle visure camerali del 2014, che mostrerebbero il debito di 4 milioni della società, “di cui 3,5 verso il socio unico e di 0,5 verso i fornitori. Il capitale è stato elevato nel 2015 a 1 milione di euro ma dalle visure non si comprende se parte del debito verso il socio unico è stato convertito in capitale”. Ricostruendo la vicenda si spiega che “alla data del rilascio della concessione sull’Alfina da parte del Cirm, la società aveva un capitale versato di 200mila euro, cifra superiore al minimo previsto dalla normativa per l’apertura di una filiale in Italia, ma la casa madre non è una qualificata industria estera del settore, bensì una società di intermediazione finanziaria austriaca a responsabilità limitata”. Bruni ricorda che “la società italiana non ha mai fatto un lavoro di qualsiasi natura e neppure il socio unico. Quindi la società – dice Bruni – alla data della prima concessione del Cirm non aveva e tuttora non ha alcuna competenza tecnica. Per sopperire a tale deficienza ha commissionato la progettazione dell’impianto ad un consulente estero e ha nominato quale Project manager il professor Franco Barberi”. Il presidente dell’associazione Lago di Bolsena adombra poi il conflitto d’interessi di Barberi, uscito dalla stanza nel momento della votazione al Cirm. “E’ un fatto – continua Bruni – che il Cirm abbia rilasciato alla società proponente la concessione sull’Alfina, a cavallo dell’Umbria e del Lazio nei comuni di Castel Giorgio e Acquapendente senza che la medesima avesse le condizioni tecniche previste dalla normativa, tanto che si è rivolta a consulenti tecnici esterni”.

L’articolato documento prosegue ricordando che “il campo geotermico dell’Alfina è fra i migliori esistenti in Italia, dato che alla profondità di 1000 metri la temperatura è di 150 gradi. Il campo geotermico era stato esplorato dall’Enel con una quindicina di pozzi per cui non erano necessari i costi di ricerca ed era possibile l’immediata richiesta di sfruttamento della riserva geotermica. Inoltre la società proponente ha ottenuto dal Cir, ben due impianti pilota sui 10 ammessi dal Governo. Il progetto iniziale prevedeva il recupero di due pozzi abbandonati dall’Enel, poi modificato più volte fino ad arrivare ad un totlare di 18 pozzi, sempre con autorizzazione Cirm”.

“La nostra associazione – spiega Bruni – i sindaci del comprensorio e la popolazione si oppongono alla realizzazione del progetto perché prevede di estrarre in Umbria da sotto il bacino idrogeologico del Tevere 1000 tonnellate/ora di fluido geotermico per reiniettarlo sotto il bacino idrogeologico del lago di Bolsena, mettendo a rischio di inquinamento da arsenico il sovrastante acquifero che alimenta la rete potabile del viterbese, oltre a mettere a rischio inquinamento anche il SIC-ZSC di Bolsena. Nel Comune di Acquapendente il proponente ha ubicato la centrale proprio all’interno di una zona protetta ed anche in questo caso si verifica il rischio di inquinamento della falda acquifera che alimenta la rete potabile dell’orvietano. Tutto ciò – ricorda Bruni – è affermato da eminenti geologi per cui, ammesso e non concesso che sussistano dei dubbi su quanto da loro affermato vale il principio di prudenza”. Da qui l’allerta: “Si chiede chi potrebbe aver organizzato e finanziato i 3,5 milioni di euro fin qui spesi per l’avviamento, dato che il socio unico, secondo le visure austriache, sembra essere un intermediario. Ci si chiede anche chi finanzierà i 50 milioni di euro per realizzare gli impianti. Se esiste un finanziatore, dovrebbe rendere palese la propria identità, altrimenti le autorizzazioni sarebbero rilasciate al buio, senza sapere chi sarà poi l’effettivo responsabile. Circostanza rilevante: le azioni sono di proprietà austriaca e quindi per 25 anni gli utili, dovuti principalmente agli incentivi italiani, finirebbero all’estero”. Nella conclusione, “data l’evidente mancanza all’origine dei requisiti tecnici e finanziari richiesti”, si chiede la revoca della concessione.

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