Povertà e potere, una due giorni di convegno sulla lotta contro la povertà e la disuguaglianza

ASSISI – Alvaro Bucci –  “Povertà e potere – Povertà della Chiesa, povertà nella politica”. E’ stato il tema di un convegno, svoltosi di recente ad Assisi, organizzato dall’Associazione di amicizia politica Argomenti2000. Il cui fondatore e coordinatore Ernesto Preziosi, dell’Università di Urbino, già vice-presidente nazionale dell’Azione Cattolica ed ora anche parlamentare, ha chiamato per ben due giorni a riflettere quanti vivono l’esperienza ecclesiale e politica. Con l’augurio – ha precisato – “che il ventunesimo secolo sia caratterizzato dalla lotta contro la povertà e la disuguaglianza, per consegnare a tutti i cittadini condizioni di lavoro e di vita dignitose”, promuovendo “non solamente una redistribuzione delle risorse (grazie anche ad un’azione sul versante della giustizia fiscale), ma anche una redistribuzione del potere, oggi in mano a ristretti gruppi economici e politici”. La  riflessione iniziale  è stata offerta  dal cardinale Walter Kasper, sul tema “Vivere la povertà”, che ha esordito evidenziando come Papa Francesco abbia interpretato i segni dei tempi proponendo il “sogno” di una Chiesa povera per i poveri, testimoniandolo con gesti forti e con il suo stile di vita semplice, iniziando così una nuova epoca storica per la Chiesa. Precisato che “la povertà non è un valore in se stesso, ma è una realtà da combattere e da superare”, Kasper ha affermato anche che “misericordia è un comportamento attivo, che combatte attivamente la povertà e la miseria di altri, del mondo”  e s’impegna per la giustizia ed oltre come il buon samaritano. Altra riflessione, sul tema della “Povertà della Chiesa” affrontato a più voci, è stata offerta dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, che ha sottolineato  come “l’andare verso gli ultimi del cristiano non è certo un’opera di filantropia, ma un’opera di totale condivisione delle sofferenze dell’altro”. Ed ha anche spiegato che “il superfluo” da offrire ai bisognosi non è ciò che avanza, le briciole, ma, come insegnano i padri della Chiesa, “tutto quello che sta sulla mensa, sulla tavola”. Altra voce sulla “Povertà della Chiesa” è stata quella di Enrico Sarti, legale degli enti no profit, che, riferendosi alle attività diverse da quelle istituzionali religiose, di culto che la Chiesa svolge in Italia attraverso gli enti ecclesiastici, ha affermato che questi, nell’attuale contesto italiano, “devono necessariamente raccogliere le sfide che questo tempo pone loro” individuando delle proposte, risposte profetiche, così da costituire davvero degli strumenti attraverso i quali la Chiesa operi per il bene non soltanto interno, ma anche per il bene comune, della società. Di povertà nella politica ha offerto una significativa testimonianza Rita Visini, assessore alle politiche sociali della Regione Lazio, raccontando, oltre che le modalità dell’impegno, di come sta affrontando il problema della sobrietà, come “salute mentale per i politici”. Oltre al taglio del 30 per cento degli stipendi previsto per tutti i consiglieri, ha ricordato la sua rinuncia all’indennità di assessore, l’utilizzo dei mezzi pubblici per raggiungere la sede regionale e la consumazione del pasto in ufficio insieme ai suoi collaboratori. Alla “Chiusura a più voci” del convegno, su “L’attesa di una presenza povera e fraterna: nuove frontiere per il dialogo chiesa-mondo”, sono intervenuti Roberto Gatti, docente di Filosofia politica dell’Università di Perugia, Adnane Mokrani, islamista e docente al Pisai di Roma, Pietro Barbieri, portavoce del Terzo settore, e Suor Rita Giaretta della Casa Rut di Caserta.

Roberto Gatti,  affrontando il tema delle immigrazioni, ha affermato come tale fenomeno sia anche il frutto di una politica dei paesi ricchi nei confronti dei paesi poveri. Per cui  “c’è un debito da pagare”. C’è soprattutto un problema – ha aggiunto – di strutture economiche, finanziarie e politiche che hanno determinato un certo tipo di sviluppo e che oggi dovrebbero attuare una politica di giustizia internazionale. Che consenta a quei popoli di recuperare condizioni economiche, sociali e culturali nei paesi d’origine. Non dobbiamo infatti pensare che le società multiculturali siano il destino della nostra epoca, ma che la pluralità delle culture torni ad abitare nei luoghi di origine.

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