Teatro, “Il Terzo Reich” al Manini di Narni

Sabato 29 e domenica 30 gennaio 2022, il Teatro Manini di Narni accoglie un nuovo debutto dalla trascinante potenza audio/visiva, è lo spettacolo/installazione dal titolo “Il Terzo Reich”, di Romeo Castellucci, in scena con l’interpretazione di Jessica D’Angelo, i suoni di Scott Gibbons e la coreografia di Gloria Dorliguzzo, per una produzione firmata Societas.

 

Il Terzo Reich mette in scena la violenza della comunicazione, lo stato di assedio a cui le facoltà di discernimento sono sottoposte, l’assenza di tregua, la negazione di vie di fuga.

 

Regista, creatore di scene, luci e costumi, Romeo Castellucci è conosciuto in tutto il mondo per aver dato vita a un teatro fondato sulla totalità delle arti e rivolto a una percezione integrale dell’opera. Le messe in scena di Castellucci sono regolarmente invitate e prodotte dai più prestigiosi teatri e festival internazionali. È stato direttore della sezione Teatro alla Biennale di Venezia, “Artiste Associé” al Festival di Avignone ed è attualmente “Grand Invité” di Triennale Milano per il quadriennio 2021-2024 e regista ospite alla Schaubühne di Berlino. Insignito del titolo di Chevalier de l’ordre des Arts et des Lettres della Repubblica francese e della laurea honoris causa dell’Ateneo di Bologna, è membro dell’Académie Royale de Belgique e ha ricevuto, tra gli altri riconoscimenti internazionali, il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia e due Golden Mask per la lirica. Per la produzione operistica è atteso nel 2021 il Don Giovanni di Mozart a Salisburgo e, per il teatro, il debutto di Bros a Lugano.

 

 

NOTE DI REGIA – Romeo Castellucci

 

L’installazione si basa sulla rappresentazione spettrale di tutti i nomi; una sequenza della totalità dei sostantivi del vocabolario italiano proiettati uno a uno. Rappresentano potenzialmente tutti gli oggetti della realtà dotati di un nome.  La velocità di sequenza è commisurata alla capacità retinica e mnestica di trattenere una parola che appare nel baleno di un ventesimo di secondo.
Si tratta di comprimere lo sguardo sul punto critico di fusione, poco prima della perdita dell’aggancio percettivo, nello sfarfallamento che sfugge alla netta distinzione dei singoli termini. Il frenetico e liminale susseguirsi delle parole fa sì che alcune di esse rimangano impresse nella corteccia visiva di ciascun spettatore; altre – la maggioranza – andranno perse.  Lo spettatore, esposto a questo trattamento, subisce la parola umana sotto l’aspetto della quantità. Non il cosa, ma il quanto. L’affastellarsi frenetico delle nominazioni non lascia nessuno spazio alla scelta o al discernimento. Il nucleo del linguaggio ritorna al rumore bianco, che riporta al caos.

Il Terzo Reich è l’immagine di una comunicazione inculcata e obbligatoria, la cui violenza è pari alla pretesa di uguaglianza. Qui, il linguaggio-macchina esaurisce interi ambiti di realtà, là dove i nomi appaiono uguali nella loro serialità meccanica, come fossero i blocchi edilizi di una conoscenza che non lascia scampo.

Ogni pausa è abolita, occupata. La pausa, cioè l’assenza delle parole, diventa il campo di battaglia per l’aggressione militare delle parole, e i nomi del vocabolario così proiettati, sono le bandiere piantate in una terra di conquista.

 

Precede la proiezione un’azione simbolica in cui una performer darà vita a un cerimoniale di “accensione” del linguaggio.  Il suono che accompagna l’installazione, composto da Scott Gibbons, sarà apodittico.

 

 

L’installazione presenta audio a volumi elevati e immagini ad alta frequenza che sono sconsigliate a chi è affetto da epilessia, cardiopatia e a persone fotosensibili.

 

L’installazione è sconsigliata a minori di 12 anni