Il Covid brucia in Umbria il 9,2% dei consumi: centrale il tema del lavoro

PERUGIA – I dati dell’ultima analisi sui consumi regionali nel 2020 dell’Ufficio Studi di Confcommercio arrivano a confermare una situazione molto difficile, sperimentata sulla propria pelle dalle imprese e dalle famiglie umbre, ma anche ad offrire una chiave di lettura che può favorire la ripresa nell’era post Covid.

Nella stima di Confcommercio, dunque, l’Umbria avrebbe nel 2020 un calo dei consumi del 9,2% rispetto al 2019, con una perdita che si avvicina al miliardo e mezzo di euro (-1.366 milioni di euro).   

“Non ci consola vedere che il dato della nostra regione si pone un po’ sopra la media nazionale (-10,9%) e  quella del Centro (-12%), o che per molte altre regioni italiane si prevede un calo dei consumi molto più pesante del nostro, che è già molto negativo”, commenta il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni

I motivi di queste diverse velocità dei consumi nelle regioni devono essere indagati in modo molto approfondito, anche se già sappiamo che un ruolo importante hanno la caduta dei redditi e la minore o maggiore presenza dei turisti stranieri che concorrono alla spesa complessiva nei territori.

Il problema è che questo dirompente effetto Covid sui consumi, con minore o maggiore intensità, è certamente frutto di una combinazione tra minore disponibilità di reddito per molti lavoratori, basti pensare all’incidenza della cassa integrazione, e la minore propensione alla spesa per molte famiglie che vivono con estrema preoccupazione, e con grande incertezza per il futuro, questi tempi così difficili. 

Ecco dunque – sottolinea il presidente di Confcommercio – che emerge in tutta la sua drammatica evidenza il problema del lavoro, che va garantito perché si possa avere una migliore visione del futuro, e della salvaguardia delle imprese, di tutte le imprese e non solo quelle dei nostri settori. 

E’ una sfida epocale, che chiama in campo tutti gli attori politici e istituzionali, i corpi intermedi come le nostre associazioni di imprese, la stessa società civile.

A partire dal governo, al quale abbiamo chiesto riforme radicali e incisive per mutare la produttività del sistema Italia, contributi a fondo perduto, moratorie, sgravi fiscali e contributivi sul costo del lavoro, semplificazioni e meno burocrazia. Basti pensare, solo per fare un esempio, che importante volano per l’economia regionale potrebbe essere la ricostruzione in Valnerina, ferma nonostante la disponibilità della risorse. 

Quanto alla Regione, ci aspettiamo interventi di “salvataggio”, per la tenuta stessa del tessuto socio- economico regionale: misure di ristoro destinate alle imprese che più stanno soffrendo in questo momento, aiuto al pagamento dei salari e al riposizionamento delle micro e piccole imprese, sul fronte del credito e delle infrastrutture. 

Ma ci aspettiamo anche interventi di prospettiva, da mettere a regime, anche facendo sistema con le altre istituzioni sul territorio, quando nel medio periodo auspicabilmente la crisi sarà superata almeno in parte, centrati sull’importanza del capitale umano e l’innovazione in tutte le sue declinazioni, su nuove strategie per il turismo e per il commercio ma anche per la cultura e la creatività, su un substrato a tutte le politiche fondato sui concetti di sostenibilità, sicurezza e legalità, con una pubblica amministrazione più efficiente. 

Importante – conclude il presidente Mencaroni – è fare presto. Le riforme strutturali, da finanziare in parte con i fondi europei, sono urgenti e necessarie, se vogliamo evitare di riprendere, dopo la pandemia, il lentissimo percorso di crescita sperimentato in passato a favore di un ritmo più coerente con le legittime aspettative di famiglie e imprese”.

L’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio

E’ un effetto-Covid a diverse velocità quello che emerge dall’analisi dei consumi nelle regioni italiane per il 2020 effettuata dall’Ufficio Studi di Confcommercio.

Se a livello nazionale la previsione è di un calo del 10,9% (pari a una perdita di 116 miliardi, 1.900 euro pro capite), il Nord risulta l’area più penalizzata (-11,7%, con il Trentino Alto Adige capoclassifica a -16%), con quasi il 60% del calo complessivo concentrato nelle sue otto regioni e con la Lombardia che registra la maggiore perdita in valore assoluto (oltre 22,6 miliardi di consumi), mentre nel Mezzogiorno la riduzione della spesa sul territorio è più contenuta (-8,5%, Molise con -7,5% la regione meno penalizzata) a causa della minor presenza di turisti stranieri e di una minore caduta dei redditi. 

In ogni caso, il quadro complessivo appare sconfortante e in tutti i territori, per differenti ragioni, dovrebbero passare almeno cinque anni per tornare ai livelli di spesa pro capite del 2019. 

Dal picco del 2007 fino al 2019, i consumi reali hanno mediamente perso un decimo di punto l’anno in Italia, con l’effetto di una riduzione cumulata dei consumi sul territorio in Italia dell’1,3% in 12 anni, dal 2008 al 2019 inclusi.