CAPITALE: SONO ARRIVATI GLI ESAMI! – 1

di Maurizio Terzetti / Nell’articolo pubblicato su “Umbria domani” del 9 ottobre ho passato in rassegna le diverse accoglienze riservate a Cagliari, Lecce e Matera ai commissari incaricati di condurre, in loco, la parte finale delle prove d’esame per il titolo di Capitale europea della cultura del 2019. Il tour degli esperti è proseguito nelle giornate del 9 ottobre a Siena e del 10 a Perugia, per concludersi lunedì 13 a Ravenna. In attesa dell’audizione finale a Roma, in programma per domani, e della conseguente proclamazione, prevista per venerdì 17, della città vincitrice del titolo, passiamo a vedere cos’è successo di particolarmente spettacolare a Siena, Perugia e Ravenna.

“La città è così bella. Ma di cosa avete bisogno?” Così, parafrasando domande più involute rivolte dai membri della giuria, il sindaco di Siena ha confessato di essersi sentito dire al tavolo in cui sedeva per illustrare il progetto di candidatura. La sua risposta è stata molto netta. Va bene i monumenti, la storia e il buon vivere che caratterizzano Siena, ha replicato in sostanza il sindaco Bruno Valentini, ma “noi abbiamo bisogno come il pane e come l’aria che respiriamo di un punto di ripartenza, perché negli ultimi venti anni ci siamo abituati a un sostegno esterno, che ora, mancando, mette a rischio anche la manutenzione del patrimonio e tanti altri progetti di ripresa”. E alla domanda su quali siano i settori dai quali Siena si attende, come Capitale per il 2019, una ripresa occupazionale, il sindaco ha risposto che non sono solo quelli delle imprese culturali, ma anche quelli dei servizi finanziari e della green economy, in un rapporto fra tradizione e innovazione che ha dalla Regione Toscana una consistente forma di condivisione progettuale e una non trascurabile fonte di finanziamento supplementare.

Insomma, Siena, che sembrava avere preparato un progetto molto “arrendevole”, ha tirato fuori gli artigli e, in uno scatto d’orgoglio tipico della irruenza toscana, si è lasciata andare anche a qualche considerazione più esplicita e infuocata.

Al termine dell’incontro con la giuria, Pier Luigi Sacco, direttore del progetto di candidatura, ha rilasciato una dichiarazione molto vivace, senza peli sulla lingua: “Nelle conversazioni informali il messaggio che mi è arrivato è: avete un grande potenziale, forse ce la potete fare anche senza il titolo. Noi gli abbiamo spiegato che, vista la situazione della città e viste le tensioni, se non arrivasse il riconoscimento ma solo un generico apprezzamento per il progetto, si rischierebbe di dare adito a dinamiche che comprometterebbero tutto. La città è talmente ferita e sfiduciata sulle sue possibilità che se arrivasse questo ulteriore schiaffo rischierebbe d’innescare una dinamica molto perversa”.

Dai giornali, poi, sappiamo che l’esame alla città – un tour per tappe tra i gioielli di Siena – è cominciato alle 10 del mattino al Museo civico, nella sala che ospita il ciclo di affreschi del Lorenzetti sugli “effetti del buongoverno in città e nelle campagne”, quindi è proseguito in piazza del Campo, per toccare piazza del Mercato dove le donne delle contrade senesi hanno dato vita ad un’istallazione ispirata ai tre giri al galoppo della corsa antica. Dalla storia si è passati ai tavoli di lavoro nel Palazzo Pubblico, dove la giuria – accompagnata da imprenditori e artisti locali – ha potuto approfondire il progetto Siena 2019. Poi passeggiata lungo il centro storico e visita alla Corte dei Miracoli. Dopo pranzo altro approfondimento progettuale in Santa Maria della Scala; infine il saluto della città sulla Porta ‘Facciatone’ del Duomo. Anche il mondo del commercio è sceso in campo: il logo di “Siena Eu 2019” in versione t-shirt, infatti, è stato indossato dagli esercenti ed è stato esposto in quasi tutte le vetrine dei locali pubblici.

A Perugia sembra davvero di vivere con lo stato d’animo di chi ha finalmente sostenuto la prova scritta: un sospiro di sollievo, l’ansia che si scarica in attesa dell’orale, col pensiero che torna, però, sempre sul compito, sullo spettacolo, appena consegnato. “Il giorno dell’esame è passato” – scrivono sul sito di “Perugia2019”: “La visita è cominciata alle 12 dalla Rocca Paolina dove la delegazione della fondazione di Perugiassisi 2019 ha presentato la candidatura. Dal sottosuolo la visita è continuata in superficie attraverso le scale mobili fresche di ristrutturazione, lungo corso Vannucci. Qui il primo pit stop davanti alla Galleria Nazionale dove i ragazzi del Forum Nazionale dei Giovani hanno presentato ai commissari il progetto parallelo della candidatura di Perugia 2019, ovvero la candidatura della città a Capitale europea dei Giovani per il 2017. I commissari sono così arrivati alla Fontana Maggiore – dove alcune coppie gay hanno salutato scambiandosi dei baci anche ad anticipare e il kiss mob in programma alle 22 – e da lì hanno raggiunto il cinema Turreno. Qui si è discusso del suo futuro, compreso lo spazio Turrenetta. Leonardo Alfonsi, di Psiquadro e presidente Eusea, European Science Events Association, ha illustrato i progetti legati alla scienza, partendo dal festival che lui stesso ha ideato. Da lì si è scesi verso via della Viola insieme ad Alessandro Riccini Ricci che ha parlato dell’associazione Microcinema e dell’Immaginario Festival- Viva la cultura! Nel tragitto, la sosta alla sede dell’Immaginario. In via della Viola tappa di fronte al Post Modernissimo. Qui hanno ascoltato il racconto delle associazioni che hanno rianimato il quartiere colorandolo con tante iniziative culturali. In questa via, cuore pulsante della Perugia creativa e melting pot delle associazioni dei diversi quartieri, Chiara Dionigi dell’associazione Fiorivano le Viole ha presentato il progetto Green Carpet, seguita poi da Fabrizio Croce di Vivi il Borgo. Tra i temi toccati anche le varie forme di dualismo che caratterizzano la città (il rapporto tra i residenti perugini e le popolazioni mobili, quello tra il centro storico e la periferia, i perugini e le comunità stranieri, i giovani e gli anziani)”.

Fin qui, il tour tutto è stato meno che convenzionale e scontato. Il centro storico di Perugia è stato filtrato attraverso lenti prismatiche, se così si può dire, che danno effetti quasi psichedelici all’inquadratura standardizzata del monumentale Corso Vannucci. Un solo appunto, oltre la sottolineatura del bacio gay, che sembra essere stato un vero “fuori programma”: ma la Rocca Paolina non meritava un passaggio meno veloce e rituale? Resta forse un corpo morto, un peso da mettere sulle spalle dei turisti e dei tanti frequentatori quotidiani della scala mobile?

Velocità e oleografia hanno contraddistinto anche il passaggio al Mercato coperto (giusto il tempo di fotografare l’incantevole veduta di Assisi, come normalissimi turisti!) e la discesa in minimetrò (altra occasione di pregio non molto enfatizzata, stando alla cronaca). Più particolareggiato il pranzo, offerto in un doppio menu: “uno preparato da alcune donne dell’est, composto da ricette tipiche dei loro paesi di provenienza ma con prodotti umbri, l’altra parte invece composta da piatti che sono fiore all’occhiello della cucina umbra”. Dopo il pranzo “la delegazione ha iniziato a risalire verso piazza Morlacchi e poi di nuovo fino alle scale mobili di via Pellini con un percorso del tutto particolare tra e dentro le abitazioni del centro storico animata dall’artista Leonardo Delogu. Per 40 minuti, i commissari ‘guidati’ da due bambini, uno dei quali in skate, sono stati fatti passare da spazi più decadenti a spazi magnificenti. Un giro sensoriale che si è svolto così: dal parcheggio di via dei Priori a San Filippo per poi giungere nel sottopalco del teatro Morlacchi dove si sono aperte le luci, Per tutto il tempi i commissari sono stati dotati di cuffie con un pezzo di Binni (la Tramontana) in loop. In via dei Priori tutti i commercianti sono usciti fuori per accogliere la commissione con il loro saluto. Tappa poi a Palazzo Oddi e uscita dal giardino, poi scale della Cupa dove hanno assistito ad una particolare coreografia”. Perché nessuno si è ricordato che questi sono stati proprio i luoghi di Sandro Penna, poeta autentico e a tutto tondo di una Perugia che a “Sandrino” era rimasta senz’altro nel cuore?

Poi il tour ha avuto un’accelerazione: l’ex carcere, Piazza del Bacio, Ponte San Giovanni – ma proprio qui dovevano esibirsi gli uomini e le donne in costume delle feste tradizionali umbre? – l’Aeroporto e infine Santa Maria degli Angeli, con il Lirick, e Assisi, per una visita fuori dagli schemi. Talmente fuori dagli schemi che a qualcuno è venuta la necessità di chiedere di andare a visitare la Basilica di San Francesco: anche questo è un fuori programma?

Chiedo scusa se mi sono lasciato andare a commenti troppo stretti rispetto all’umile cronaca che ho fatto per le altre città, ma Perugia, si capirà, cattura troppi interessi e troppe “parti in causa” da parte di quanti ci leggono in Umbria, me compreso, che non rinuncio a una stilettata finale sulla conclusione non proprio entusiasmante della “notte del bacio”, andata in scena a commissione ormai partita.

A Ravenna, si è registrata un’accoglienza molto più leggera, improntata a un dissacrante “tra liscio e mosaici”: Ad accogliere per primi la delegazione sono state le giovani generazioni ravennati. Nella cornice di piazza del Popolo c’erano infatti trecento studenti di ogni età, dalla scuola materna alle superiori, con le loro magliette colorate. Appena gli ospiti sono arrivati in piazza si è dato il via alla coreografia studiata durante l’attività di ‘Corpo Giochi’. Il progetto, ideato da Carolina Carlone e Monica Francia, si propone di aiutare i bambini a vivere insieme dandosi una mano a vicenda. Alla fine dell’esibizione in stile ‘flash mob’, i ragazzi sono poi corsi incontro alla delegazione, che comprendeva anche Alberto Cassani, coordinatore di Ra2019 e la project manager Nadia Carboni, per raccontare l’esperienza di “Corpo Giochi”.Subito dopo, primo fuori programma della giornata. Perché i giurati, prima di raggiungere il teatro Socjale di Piangipane, hanno optato per una visita, non in scaletta, alla tomba di Dante. Poi tutti a pranzo a Piangipane per toccare con mano e gustare la romagnolità. Qui, infatti, i giurati europei – membri dell’organismo di 13 persone che emetterà il suo verdetto venerdì – sono stati invitati dalle azdore del Socjale a preparare con le loro mani i tipici cappelletti. E dopo tanta fatica, tutti a brindare con il burson 2019 mentre le ballerine di liscio invitano i tre giurati a un giro di danza. Tra un cappelletto e l’altro, davanti al sindaco Matteucci, al prefetto Fulvio Della Rocca e all’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti, Rudi Gatta recita poesie in dialetto e lo storico Andrea Baravelli narra la storia del teatro, inaugurato nel 1921 quando le sedie si portavano da casa. La cucina romagnola sembra aver colpito la commissione, o perlomeno il membro spagnolo, se è vero che al giurato di Barcellona è scappato al rientro verso la città un beneagurante “Cappelletto patrimonio dell’Unesco!”. Poi via di nuovo in bus, con un’altra tappa nel forese, per l’esattezza al centro culturale Cisim della multiculturale Lido Adriano. Sulla via del ritorno viaggio dentro al Mausoleo di Teodorico e di nuovo in centro per conoscere Palazzo Rasponi. Poi, prima di raggiungere la Darsena per la parata finale, una bella partita a ‘Ravennopoli’ in piazza San Francesco con i giurati a cimentarsi con dadi e pedine umane rappresentanti le figure storiche della città. Gran finale lungo il Candiano, con la maxi sfilata in Darsena (bagnata dalla pioggia) e con una breve sosta all’Alighieri per celebrare ‘Deserto rosso’”.

Chi sarà stato, dunque, più convincente: il loquace toscano, il riflessivo, con trasgressioni, umbro, il vivace romagnolo? O, per citarli tutti, il compassato uomo sardo, il roboante pugliese, il “camminante” lucano? Azzardo una previsione per quanto riguardo la presentazione spettacolare: vincerà il più spontaneo, il più “se stesso”, con i suoi vizi e i suoi “donca” tutti in prima fila, quello che non ha avuto bisogno di inventarsi niente che già non fosse scritto nella storia e nelle pulsioni della sua città. Ma vedremo dopo gli orali.

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