E’ possibile un’alternativa?

Di Pierluigi Castellani

E’ possibile un’alternativa ? A questa domanda sembrerebbe doversi rispondere di no. L’ultima rilevazione di Pagnoncelli pubblicata dal Corriere della Sera del 24 novembre conferma che la maggioranza degli italiani, il  53%, giudica positivamente l’operato del governo Conte anche se in lieve flessione sulla rilevazione del 31 ottobre. Ma questo dato se accompagnato alla inarrestabile salita della Lega, giunta ora al 36,2%, fa pensare alla enorme difficoltà, al momento, di costruire un’alternativa valida al governo giallo-verde anche, e soprattutto, per la confusione che regna nell’opposizione senza un valido riferimento per i cosiddetti moderati non sovranisti, che non vogliono certamente uscire dall’Europa, e per le difficoltà in cui versa  il PD ancora alle prese con la celebrazione di un congresso dagli esiti incerti. Eppure segni che inducono a considerare urgente la costruzione di un’ alternativa sono molto evidenti. Il continuo duro confronto tra l’Italia e Bruxelles porta i risparmiatori e gli investitori lontano dai titoli di stato italiani con la conseguente salita dello spread, oramai stabilmente sopra quota 300, e il ristagno economico, che se pur presente in tutta Europa è più grave per l’economia del nostro paese. Manca la fiducia delle imprese ed il maggior costo del credito dovuto alla salita dello spread genera caduta degli investimenti e quindi minore occupazione. “ Nella mia azienda l’anno scorso assumevo al ritmo di 15 persone al mese. Sa quanti quest’anno? Zero”, così Marco Bonometti, presidente di Confidustria Lombardia, dichiara al Corriere  il 24 novembre.

E se questo avviene in Lombardia che è la regione più ricca d’Italia, cosa si   può credere che avvenga nelle altre regioni italiane. C’è poi il pericoloso isolamento dell’Italia in Europa e la scarsa attenzione , salvo che nelle preoccupazioni del Capo dello Stato, al decadimento della nostra democrazia con lo scarso peso del parlamento , i continui attacchi alle istituzioni di garanzia e  alla libertà di stampa, come avvenuto negli ultimi mesi. Insomma ci sarebbero tutte le ragioni per spingere quanti non si riconoscono in questo governo e che giudicano negativamente un’eventuale uscita dell’Italia dall’Europa a superare le proprie divisioni e cercare di costruire un’alternativa al sovranismo populista, che per ora sembra dilagante e che rischia di contagiare anche altri paesi europei. Eppure qualche segno positivo c’è. Esiste una società civile, che appare sempre più insofferente nei confronti della inattitudine della nuova maggioranza a governare il nostro paese. Degli imprenditori si è già detto, ma anche nella vasta galassia sindacale occorre registrare segnali di dissenso, e poi c’è la sorprendente risposta dei quarantamila di Torino, che sono scesi in piazza per dire “si” alla Tav. Non si tratta di “madamine” come ha voluto ironizzare qualche autorevole esponente del governo lega-pentastellato, bensì di professionisti, imprenditori, gente qualunque comunque preoccupata del futuro di Torino e del Piemonte, che si sono opposti alla negazione di opere importanti già avviate e che debbono essere completate per l’ammodernamento infrastrutturale del nord e non solo. I teorici della decrescita felice, che come sappiamo felice non è, sono pericolosi perchè tendono a negare la più elementare evidenza: senza infrastrutture non c’è impresa e se non c’è impresa non c’è lavoro. Pensare che la felicità appartenga ad un popolo di pensionati e di percettori di reddito di cittadinanza è soltanto una follia, perché il futuro di un paese è dato dal lavoro dei giovani, che non solo con i loro contributi consentono di tenere in equilibrio il bilancio dell’INPS ma permettono al paese di vivere una speranza, quella di diventare un paese moderno e laborioso nel pieno rispetto dei principi di un’economia sostenibile e rispettosa della natura. Del resto come si fa a combattere le disuguaglianze senza produrre ricchezza per poi equamente distribuirla? Per questo è assolutamente necessario costruire un’alternativa a questo modo di gestire il paese e ciò non può che partire dal centrosinistra, l’unica area, ristretta sì dopo il 4 marzo, ma  in possesso di un bagaglio, che gli permetta di mettere in campo un’adeguata cultura di governo. E quando si parla di centrosinistra non si può non partire dal PD. Senza il PD è impossibile pensare ad una qualsivoglia alternativa. Certamente un PD rinnovato e che sappia coagulare quell’alleanza di forze politiche e sociali, che consenta di essere protagonisti anche a coloro ,che oggi dicono che bisogna andare oltre il PD.  Creare lavoro, sanare le ingiustizie e le diseguaglianze sociali, governare la globalizzazione in modo che nessuno ne venga risucchiato ai margini, assicurare la pace nel mondo, rinnovare l’Europa ma credendo fermamente nel progetto europeo e quindi sconfiggere il pericoloso riemergere di nazionalismi e di muri, questa deve essere la base per costruire un’alternativa. Non saranno i gruppuscoli identitari  reduci di una vecchia sinistra, o la rispolveratura di un vecchio progetto berlusconiano, che più volte ha promesso la rivoluzione liberale mai avvenuta. Certamente c’è anche la necessità di difendere le garanzie liberaldemocratiche sancite dalla nostra Costituzione. Ma chi si vuole accingere a quest’opera, che può richiedere anche tempi non brevi, non può certamente prescindere dal centrosinistra e dal PD.

 

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