Gli uomini (e le donne) che vollero farsi re

di Pierluigi Castellani

Il metaforico richiamo al bel film di John Huston della metà degli anni settanta con Sean Connery e Michael Caine dal titolo “ L’uomo che volle farsi re” è quanto mai calzante nei confronti di qualche politico del nostro paese, che asceso al potere sull’onda del populismo, e quindi fattosi monarca, ha poi dimostrato di non avere adeguato lignaggio, leggasi competenza ed esperienza. E’ oramai sotto gli occhi di tutti lo sfascio creato dalla giunta romana di Virginia Raggi sempre più impegnata a sostituire gli assessori ed i massimi dirigenti delle partecipate  perché incappati in vicende giudiziarie o perché sopraffatti dalle liti interne all’amministrazione e forse anche dall’incombere di problemi gravi e complessi non risolvibili solo a suon di slogan e di promesse di cambiamento. Non ci sono solo le buche, gli alberi che ad ogni stormir di fronde cadono addosso ai malcapitati passanti ed alle auto in sosta, i rifiuti per le strade, gli autobus dell’Atac che si incendiano, le stazioni della metropolitana chiuse per il crollo delle scale mobili, il pasticcio dello stadio della Roma, prima negato e poi voluto, ed infine dimostratosi occasione di malaffare come dimostra l’inchiesta sull’imprenditore Parnasi, ma la mancanza di una visione strategica sui destini della capitale, che dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’Italia, pulita e tirata a lucido sempre e non già solo quando arriva il presidente cinese Xi Jinping.

Ma non va proprio meglio sul versante del governo pentastellato. Tra rinvii, continue liti tra i due partner della coalizione per intestarsi la primogeniture sui provvedimenti simbolo per le rispettive forze politiche, la verità è che il paese è in affanno sull’economia per la recessione in atto, sempre più isolato in Europa e nello scenario internazionale, ed incerto nelle scelte sulle alleanze.  Basti pensare all’alleanza di Salvini con gli altri sovranisti europei e la ricerca di contatti di Di Maio con forze assolutamente minoritarie in Europa o spurie e pericolose come i gilet gialli francesi. E poi mentre Salvini ha riscoperto una vocazione atlantica dopo aver tifato per la Russia di Putin, Di Maio e il presidente Conte sono schiacciati a ricercare collegamenti con l’oriente, come ha dimostrato la firma  con la Cina del memorandum sulla chiacchierata questione della via della seta. Ed anche i due tanto acclamati provvedimenti bandiera, come la quota 100 per le pensioni ed il reddito di cittadinanza, non sembrano promettere quel boom di crescita e di occupazione tanto invocato. La verità è che la quota 100 è piaciuta soprattutto ai dipendenti pubblici, tanto che si teme il collasso di uffici e dei servizi sanitari, ed il reddito di cittadinanza si sta dimostrando farraginoso e complicato nella sua attuazione e poco appetibile per i giovani, che dovrebbero essere quelli più interessati alla ricerca di lavoro. E’ per questo che la promessa di aumento dell’occupazione sarà difficilmente rispettata, perché, per ovvia considerazione, se i pensionati quota 100 sono soprattutto dipendenti pubblici sarà difficile assumere al loro posto dei giovani, che invece dovranno essere sottoposti, come prevede la Costituzione, alle inevitabili lungaggini delle procedure concorsuali, mentre il reddito di cittadinanza si rivelerà sempre più un provvedimento assistenziale anziché di facilitazione dell’avvio dei giovani disoccupati al mercato del lavoro. Infine ogni problema complesso viene rinviato facendo rimanere il nostro paese nella più assoluta incertezza, come sta avvenendo sulla Tav e su altre importanti opere pubbliche, perché il paese è trascinato in una perenne campagna elettorale, che , per altro, si sta dimostrando proficua per la Lega di Salvini e non per il M5Stelle di Di Maio. Per questo può accadere, come nel film di John Huston, che chi si è voluto fare re senza averne il lignaggio poi venga ripudiato dagli stessi suoi  sudditi-elettori.