La questione regionale

di Pierluigi Castellani

I referendum celebrati in Lombardia ed in Veneto sulla richiesta di maggiore autonomia per le due regioni hanno in qualche modo riproposto la questione regionale nel nostro paese. E’ pur vero che nell’orizzonte politico l’affluenza registrata nel Veneto ,ben oltre le previsioni, ed il 38% raggiunto in Lombardia ha dato forza a quella parte della lega , che mal digerisce la svolta sovranista e lepenista di Matteo Salvini . Quindi il risultato dei due referendum insieme, alla legittima soddisfazione dei due promotori, porta con sé un problema di identità della Lega, che può rendere difficile al suo attuale segretario di sbarcare con forza nel centro-sud dell’Italia. Si pone infatti il problema: la Lega è diventata quella destra nazionale vagheggiata da Salvini o vuole tornare alla Lega indipendentista di Bossi e rincorrere ancora il sogno della Padania o se volete del Lombardo-veneto ? Delle due ne va indubbiamente scelta una e questo nodo la Lega dovrà scioglierlo prima delle elezioni politiche della prossima primavera.

Di fatto però intorno ai due referendum è sorto anche un equivoco, che non chiarito all’inizio, è servito ad accrescere l’affluenza degli elettori ed i consensi per il sì. Infatti è nato ora, sollecitato proprio dalla Lega, il problema del cosiddetto residuo fiscale. Cioè si è fatto capire subdolamente agli elettori che la consultazione referendaria servisse anche a chiedere al Governo buona parte del surplus di imposte che alle due regioni, Lombardia e Veneto, non viene restituito in termini di risorse e servizi mentre, come ben si sa, la questione fiscale è costituzionalmente sottratta ai referendum. Infatti l’art.116 della Costituzione non elenca il fisco tra le materie sulle quali le regioni possono chiedere maggiore autonomia. Pur tuttavia la questione rimane sullo sfondo del confronto politico, che si instaurerà tra le due regioni ed il governo. Ed infatti ora il tema che sta all’attenzione del dibattito politico è proprio questo, perché se il governo dovesse accettare l’impostazione di Maroni e Zaia, i due presidenti delle regioni interessate, è indubbio che salterebbe la solidarietà tra le regioni e con essa la stessa unità nazionale, che sulla solidarietà dei territori è proprio fondata. Non sarà certamente così, ma allora oltre all’avere indubbiamente riproposto all’attenzione della politica la questione regionale a che cosa sono i serviti i due referendum ,dato che l’art.116 della Costituzione può essere attivato senza consultazione popolare come ha già fatto la regione Emilia Romagna? La risposta più semplice ed immediata, che si può dare a questa domanda, è che i due referendum sono stati due spettacolari spot elettorali a beneficio della Lega anche se questi hanno posto un delicato problema di identità alla Lega stessa. Ma il problema del residuo fiscale delle regioni più ricche è stato posto e tanto vale confrontarsi con esso. Naturalmente la questione riguarda direttamente anche la nostra regione, che beneficia della solidarietà delle regioni più ricche perché riceve più di quello che dà.

Sono 1213 euro quelli che ogni umbro riceve in più rispetto alle entrare fiscali che vengono prelevate dalle tasche dei cittadini umbri. Se venisse ridiscusso il principio gli umbri ne avrebbero un danno immediato e si troverebbero con meno risorse e meno servizi. Non basta dire che l’Umbria si troverebbe in buona compagnia perché tutte le regioni meridionali si trovano in debito verso la solidarietà nazionale. Dovrebbe destare preoccupazione il dato così evidenziato, perché in questo modo viene accertato il fenomeno della meridionalizzazione dell’Umbria già del resto notato da qualche anno. Prendere coscienza di ciò deve rappresentare una sfida per tutti, per l’istituzione regionale in primo luogo, ma anche per la società civile e tutte le forze sociali. Non si può difendere l’identità dell’Umbria se non si cerca con politiche adeguate e con uno sforzo collettivo di tornare per la nostra regione ad essere annoverata nel centro-nord anziché nel centro-sud. Questa debolezza dell’Umbria, se non superata, aggraverà le difficoltà della nostra regione ad affrontare la questione, che prima o poi verrà proposta, delle macroregioni. Se l’Umbria rimane debole perché piccola sarà difficile difendere la sua peculiarià quando le regioni verranno ridisegnate.

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