Le parole della politica e il loro valore

di Pierluigi Castellani

E’ singolare come si stia perdendo in questi giorni il significato ed il valore delle parole e delle affermazioni di cui i governanti di oggi non fanno alcun risparmio. La distanza enorme che separa le promesse elettorali, spesso solo categoriche affermazioni, dalla realtà effettuale sta svilendo ancor più il valore della politica ed accentua la distanza che si registra tra gli elettori e la politica come sta a dimostrare l’aumento delle astensioni nelle consultazioni elettorali. Si sta perdendo in questo modo il senso della politica alta, quella che designa un vero interesse per la cosa pubblica, o il bene comune  come forse più propriamente si dovrebbe dire. I protagonisti della politica di oggi forniscono a questo proposito molti esempi. Partiamo dai 5Stelle, che in questo campo sono dei veri pionieri. Erano partiti assicurando che avrebbero impedito il completamento della Lione-Torino ed ora si accingono, come ha già fatto il presidente del consiglio Conte, a dire un sofferto sì alla Tav. Come non ricordare le categoriche affermazioni del vice premier Di Maio quando annunciava che con i 5Stelle al governo la Tav non si sarebbe mai fatta.

Eppure ora si piegano al realismo politico, che non può non tenere conto degli impegni internazionali dell’Italia e soprattutto della larghissima maggioranza che non solo in Piemonte, ma anche in tutta il paese, si è espressa con un chiaro sì alla Tav. Così è avvenuto in Puglia dove il governo giallo-verde ha dovuto dire di sì al gasdotto, denominato correntemente Tap, dopo però avere incassato nelle elezioni politiche il consenso di tutti coloro che si opponevano all’opera e così è accaduto con l’Ilva di Taranto, che secondo Beppe Grillo doveva essere riconvertita ed al suo posto far sorgere un parco giochi per i bambini. Infatti anche se la questione dell’Ilva non è del tutto chiusa però anche in questo caso il ministro dello sviluppo economico, guarda caso sempre Di Maio, ha dovuto prendere atto, che non era possibile abbandonare al loro destino migliaia di lavoratori e rinunciare ad una prospettiva di rilancio del più grande stabilimento italiano produttore di acciaio.  E così sta avvenendo anche con la questione Alitalia. Non era stato proprio Di Maio dopo il crollo del ponte di Genova a dire che mai e poi mai Atlantia, la società della famiglia Benetton, avrebbe potuto partecipare a salvare e risanare la nostra compagnia di bandiera, mentre ora è stata proprio Atlantia ad entrare in scena, con il benestare guarda caso del ministro Di Maio, per l’ennesimo salvataggio di Alitalia ?E l’elenco sarebbe ancora lungo, ma veniamo all’altro partner di governo ,a Salvini ed alla Lega. Credo che tutti si ricorderanno come Salvini avesse detto che una volta al governo avrebbe fatto rimpatriare in un mese i 600 mila clandestini che vivono in Italia. A parte il gonfiamento della cifra, ma sta di fatto che i rimpatri anche con Salvini ministro dell’Interno si contano con il contagocce e che nonostante tutta l’esposizione mediatica del leader della Lega anche sul piano della criminalità le cose non vanno proprio tanto bene, perché soprattutto i femminicidi sono continuati come prima ed anche la violenza sui minori riempie le cronache dei nostri quotidiani.  E la flat tax tanto promessa quando si farà, come pure l’autonomia differenziata per le regioni del nord, caposaldo del programma elettorale della Lega, ancora non vede la luce del giorno. Ma l’importante per questi governanti è esserci, mostrare i muscoli, apparire come il vendicatore degli oppressi. Che dire a questo proposito delle invereconde passerelle dei due vicepremier, che si inseguono a vicenda, sui posti di fatti eclatanti, anche se ancora oggetto di indagine da parte della magistratura, come sta avvenendo in questi giorni a Bibbiano. Lo stile della politica di oggi è questo: essere sempre presenti all’attenzione pubblica senza curarsi minimamente del rapporto tra enunciazioni ed il concreto riscontro con la realtà. Viene a questo punto di ricordare quando il primo governo Prodi, con Ciampi ministro dell’economia, chiese agli italiani il sacrifico di un prelievo forzoso per consentire al paese di entrare nell’Euro promettendo che poi sarebbe stato restituito, come puntualmente avvenuto. Altri tempi, altro stile, altri uomini, altri politici.