L’Umbria è più povera

L’UMBRIA E’ PIU’ POVERA

di Pierluigi Castellani

Secondo Eurostat, l’istituto di statistica dell’Europa, l’Umbria dopo la crisi è più povera e si colloca al  quattordicesimo posto tra le regioni italiane anche dopo l’Abruzzo. L’impatto della crisi economico finanziaria sul reddito delle regioni vede l’Umbria con una perdita dell’8,4 % quando la media italiana è del 4,0%. Ciò significa che non solo la nostra regione non è riuscita a fronteggiare la crisi, ma che si è impoverita tanto da scivolare tra le regioni del sud Italia con le conseguenze che è facile immaginare. C’è solo da registrare un dato positivo, che è quello dell’aumento dell’occupazione nel secondo trimestre 2018 di 5 mila unità, ma non tale da tranquillizzare perché si tratta per lo più di occupazione precaria e non di qualità. Siamo quindi di fronte ad una realtà di cui bene essere consapevoli per cercare di farvi fronte anche se gli strumenti di cui sono dotati la regione e gli enti locali sono tali da non incidere in modo significativo. Infatti è a livello di governo nazionale che vanno in primo luogo cercate le risposte affinché l’Italia possa dotarsi di un piano industriale all’altezza della sfida e di strumenti che stimolino la nostra economia ancora in affanno. Si attende quindi che la manovra appena annunciata dal governo giallo-verde dia alcune risposte soprattutto rimettendo in moto gli investimenti pubblici e privati senza incertezze, non già come sta avvenendo sulla Tav, sulla Tap e sulla ricostruzione del ponte di Genova, incertezze, quest’ultime, risultate ancor più evidenti dal momento che recentemente è stato ricostruito, in 53 giorni, a Bologna il tratto autostradale, che, come si ricorderà, era venuto meno per la esplosione di un’autocisterna. Perchè a Bologna sì ed a Genova no? E’ una domanda quanto mai legittima a cui dovrebbero rispondere quanti si ingolfano, per le varie competenze, attorno alla ricostruzione del ponte sulla Valpolcerva. Insomma l’Italia ,e con essa l’Umbria, si deve dare una scossa: fissare credibili obbiettivi per poi concretamente raggiungerli. Infatti qualcosa deve fare anche l’Umbria e con essa tutta la rete delle istituzioni locali a partire dalla Regione. Abbiamo davanti un quadro con molte ombre, si pensi alle crisi aziendali tutt’ora insolute. La Merloni di Nocera Umbra, la Pozzi e la Minerva di Spoleto, le incertezze sulla Maran, sempre di Spoleto, insieme alle prospettive non chiarite che si addensano sulla Ast di Terni, fanno tutte registrare come il manufatturiero, che è quello più ad intensità di mano d’opera, sia in crisi in tutta l’Umbria anche se sono da registrare alcune eccellenze, che stanno facendo da traino alla nostra economia e stanno alimentando qualche di più di speranza. Pensiamo soprattutto al tessile di qualità ed a focolai di innovazione tecnologica, che fanno vivere un po’ di futuro anche nella nostra regione. E’ per questo che la ricerca di creazione di lavoro, al di là di pur necessari interventi di sostegno non meramente assistenziali, deve essere al primo posto. E per far questo ci vogliono infrastrutture materiali ed immateriali adeguate perché non è possibile tornare indietro rispetto alla globalizzazione dell’economia da cui qualcuno in modo miope invece vorrebbe farci arretrare. Se non ci fosse l’esportazione delle nostre aziende, sia industriali che agroalimentari, l’Umbria sarebbe ancora più indietro. Occorre quindi sostenerle facilitando il credito, stimolandole a fare squadra ( una volta si sarebbe parlato di distretti industriali) e agevolandole sul piano dell’efficienza e qualità dell’amministrazione, purtroppo molto appesantita anche in Umbria come anche in tutto il resto del nostro paese. Del resto c’è ora un’occasione che deve essere colta, perché la ricostruzione delle zone danneggiate dal sisma del 2016  debbono essere una prova di trasparenza ed efficienza a beneficio di una popolazione, che può ancora dare molto alla nostra economia. Tutte le risorse disponibili, comprese quelle che dovrebbero arrivare in più dall’Europa vista la classifica in cui ci colloca Eurostat, debbono essere indirizzate a questo scopo senza favori e clientelismi, ma premiando il meglio e la voglia di fare , che pur persiste soprattutto nelle nuove generazioni. Tutto questo non si può fare senza un adeguato investimento sulla formazione a cominciare dall’Università, che deve entrare da protagonista nel processo produttivo ad esempio sostenendo le start up di giovani come sta facendo il Politecnico di Milano. Vogliamo ancora credere che l’Umbria non solo saprà rimanere il cuore verde d’Italia, ma saprà affrontare anche  questa nuova sfida, che le si presenta davanti.

 

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