Si inasprisce la campagna referendaria

di Pierluigi Castellani

Il confronto politico sul referendum del prossimo ottobre si sta inasprendo con qualche colpo basso di troppo. Infatti per esprimere un consapevole si o un no bisognerebbe che tutti si attenessero al merito del quesito referendario, che riguarda soltanto il contenuto della riforma costituzionale approvata dal parlamento con la procedura prevista dall’art. 138 della costituzione. Quello che colpisce sono le motivazioni addotte da chi promuove il no, perché non sempre attengono al merito del problema , ma avanzano spesso presunte pericolose derive autoritarie, che deriverebbero dalla riforma costituzionale. Per essere più chiari ed in sintesi le argomentazioni dei sostenitori del no riguardano: la presunta mancanza di contrappesi ad un potere eccessivo della maggioranza, che sarebbe tutto nelle mani del Capo del governo; un ruolo poco chiaro del nuovo Senato, che non avendo i poteri della camera dei deputati non farebbe più da contrappunto ad una camera dove siederebbero solo i nominati dai capi di partito; riduzione dei poteri e del ruolo delle regioni; diminuzione delle istituzioni di rappresentanza democratica. Tutto questo porterebbe ad una deriva pericolosamente autoritaria. Rispetto a questo critiche ci sarebbe in primo luogo da obbiettare, che in gran parte sono improntate a poca onestà intellettuale , rivelandosi molto strumentali per rafforzare un’opposizione al governo Renzi ancora una volta visto come una sorta di estraneo ai consueti canali democratici di rappresentanza. Insomma con il no alla riforma costituzionale si vuole fare soltanto un’opposizione al governo anziché ai reali contenuti della riforma. Infatti basterebbe sottolineare rispetto alle critiche sopra riassunte che : 1° la riforma non modica alcunchè della costituzione riguardo ai pesi e contrappesi, che sono già previsti nella costituzione vigente. Non viene modificato nulla che riguardi la magistratura, nulla che riguardi i poteri della Corte Costituzionale, nulla che riguardi i poteri del Capo dello Stato, per la elezione del quale viene rafforzato il quorum per la sua elezione proprio per evitare che sia eletto dalla sola maggioranza. Nulla viene modificato per quanto riguarda i poteri del Presidente del Consiglio e del governo; 2° il nuovo Senato cambia nei poteri e nella rappresentanza perché diventa il Senato delle autonomie dove avranno voce le regioni ed i comuni, cessando quindi di essere il semplice contraltare della Camera dei Deputati e di essere il luogo dove si disfa quanto viene fatto nell’altro ramo del parlamento con un ovvio rallentamento dell’attività legislativa. Infatti il superamento del bicameralismo paritario, vera anomalia italiana, è stato previsto in tutti i tentativi di riforma costituzionale, che si sono affacciati nella storia italiana degli ultimi trent’anni; 3° il diverso assetto del rapporto tra regioni e stato è dovuto alla necessità di superare la cosiddetta legislazione concorrente prevista dall’attuale titolo V, che è stata ed è fonte di continuo contenzioso e di intasamento dei lavori della corte costituzionale chiamata a dirimere le controversie tra stato e regioni; 4° sostenere che con il passaggio da 315 senatori ai 100 previsti dalla riforma si ridurrebbero gli spazi di rappresentanza non solo è incoerente rispetto alla diminuzione dei costi della politica, da tutti reclamata, ma significa anche dimenticare, questo sì strumentalmente, che in Italia i livelli di democrazia sono veramente tanti. Non c’ è infatti soltanto il parlamento, ma venti consigli regionali e 8.000 comuni, dotati di giunte e consigli comunali, a rasserenare circa il pericolo di una diminuzione dei livelli di rappresentanza. Rimane infine il paventato pericolo che tutto sarebbe poi in mano alla maggioranza che vince le elezioni. Questa critica, che soggiace anche a tutte le altre, rivela tutta la strumentalità della battaglia per il no. Infatti questa critica eventualmente non può essere rivolta alla riforma costituzionale, che nulla prevede in merito, ma eventualmente alla legge elettorale, che come si sa è approvata con legge ordinaria. Ed allora perché i fautori del no non lasciano perdere il referendum del prossimo ottobre e non focalizzano tutta la loro attenzione ad una riforma della legge elettorale ? Basterebbe pensare che se malauguratamente vincessero i no la costituzione rimarrebbe quella che è ma anche la legge elettorale, che consentirebbe una maggioranza alla lista vincente, che è bene ricordare non è una sciagura per la democrazia , perché solo in questo modo verrebbe garantita la governabilità e la stabilità al paese. E’ per questo che si invoca una maggiore onestà intellettuale da chi è fautore del no. Stia al merito della questione ed attenda le prossime elezioni politiche se vuole mandare a casa il governo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.