La lunga marcia della manovra fiscale: maggioranza e minoranza uniti nell’errore. Famiglie con figli dimenticate

Il Consiglio regionale di giovedì scorso, come ampiamente prevedibile, ha superato ogni limite nell’uso smodato del linguaggio e nell’aggressività emersa. Toni sprezzanti che hanno fatto emergere un grave problema di stile e di rispetto delle istituzioni. Si può dire con Manzoni che lo stile, come il coraggio, se uno non ce l’ha non se lo può dare, ma ciò non toglie che a farne le spese sono poi i cittadini e i giovani, che vedono negato nei fatti tutto ciò che gli si insegna nelle scuole e nelle università. Ogni strappo, soprattutto regolamentare, costituisce un “precedente” che anticipa e legittima altri strappi; con l’aggravante che una ferita istituzionale genera altre ferite, abbassa il livello civile e colpisce la collettività. E infatti, la prima virtù che si richiede è che le istituzioni non vengano mai usate per dividere, spezzare, come fanno i demagoghi, che sono per Aristotele gli “adulatori del popolo”. L’aspetto che più amareggia è l’incapacità a riconoscere i propri errori. Nell’Aula di Palazzo Cesaroni tutti hanno detto di avere ragione, nessuno si è sentito responsabile di alcunché.  La colpa, si sa, è sempre degli altri. Un refrain che giovedì si è ripetuto per oltre dieci ore. Per la prima volta, in cinquant’anni, è emersa anche una speciale inclinazione: quella di prendersela con i concittadini-elettori che hanno scelto di curarsi fuori dall’Umbria (Melasecche-Tesei). Una scelta che sarebbe stata incentivata dalle “mazzate” degli ultimi cinque anni da parte dell’opposizione. Dimenticando che pochi mesi fa gli umbri, con il loro voto, hanno bocciato sonoramente le scelte della Giunta Tesei. La verità è che nessuno è esente da colpe anche se qualcuno ne ha più di altri. Il centrodestra ha lasciato l’Umbria in ginocchio, basta guardare gli attuali dati economici e sociali. La sanità è in perenne sofferenza, con una carenza di personale che si è aggravata di giorno in giorno, lo stato sociale non è più in grado di far fronte ai suoi impegni. Il centrosinistra sulla manovra fiscale ha sbagliato nel metodo e nel merito, a cominciare dai conti. Abbiamo, infatti, assistito ad un valzer senza precedenti: prima 243 milioni, poi 90, mentre in realtà il disavanzo era di 75, ed infine siamo arrivati ad una manovra di 52. Il tutto senza concertare con le parti sociali e senza attendere l’incontro con il Ministero dell’Economia e Finanze. Una manovra, per come è stata rimodulata, che colpirà principalmente ceto medio e imprese. Così come è stato un errore non prendere in considerazione la proposta della consigliera Laura Pernazza (Fi) di tenere conto delle famiglie: un single infatti, con la legge approvata, paga lo stesso di una famiglia monoreddito di quattro persone. Una scelta di giustizia sociale se fosse stata fatta propria dalla maggioranza, a sostegno anche della natalità. Inutile nascondersi dietro un dito, i consiglieri regionali hanno mostrato tutta l’ostilità reciproca: non solo il clima conflittuale che si respirava in Aula, ma anche l’incapacità ad ascoltare i suggerimenti che provenivano dai banchi dell’Assemblea legislativa. Qualche bagliore positivo c’è stato, almeno nei toni. Nel centrosinistra apprezzabili gli interventi dell’assessore Francesco De Rebotti e della consigliera Maria Grazia Proietti. Nel centrodestra i più moderati Andrea Romizi e Matteo Giambartolomei. Ultima nota: il bistrattato Luca Coletto riabilitato dal centrosinistra.