Risveglio della Cisl Umbria: alza la testa e chiede un “Patto sociale” alla Regione

Dopo cinque anni di silenzio e appiattimento sulle politiche regionali, la Cisl dell’Umbria alza la testa e chiede alla Regione un “Patto sociale per favorire crescita, lavoro dignitoso e giustizia sociale”. Lo fa con il segretario generale Cisl Umbria Angelo Manzotti che ritrova il verbo e il coraggio di ammettere che è giunto il momento di “cambiare strategia”.  Nel corso di una conferenza stampa, la Cisl si manifesta suggerendo la necessità di “creare ricchezza”. Sono cinque anni, afferma la Cisl, che la nostra regione “vanta tristi primari e per questo ci appelliamo alla Regione per avviare un percorso concertativo che porti ad un Patto sociale”. Con lui, a Perugia nella sede sindacale, la sua segreteria e il susseguirsi dei loro interventi: Simona  Garofano sulla povertà abitativa, Gianluca Giorgi su ambiente e trasporto e Riccardo Marcelli sull’accordo di programma. Temi che da cinque anni rappresentano una vera e proprio emergenza per l’Umbria. “Quest’ultimo – ha precisato Marcelli – è un’occasione da non sprecare (basta che sia veramente un’occasione, ndr) con le istituzioni che debbono dimostrare in tempi rapidi e certi che si possono confezionare progetti di politica industriale di taratura europea a sostegno delle acciaierie con Arvedi-Ast. Soggetto questo che, come global player, deve elaborare un piano industriale trovando il giusto mix tra area a caldo ed area a freddo. Tutto questo dipenderà anche dalla questione energetica”. Questione che a tutt’oggi non è ancora risolta e che si trascina ormai da anni. Il tutto malgrado le tante promesse del governo e del ministro Urso. Nel corso della conferenza stampa, in primo piano il tessuto economico e la necessità di creare ricchezza. “I finanziamenti a pioggia non servono – affermano dalla Cisl Umbria – è arrivato il momento di cambiare strategia. Vanno premiate le aziende virtuose: quelle che investono sulla contrattazione, sulla formazione e che assumono giovani. Questo porterebbe ad un salto di qualità e a tendere verso quel passato splendore che un tempo si è vissuto nel mercato del lavoro umbro, oltre che in termini di sicurezza”. Dopo cinque anni di giunta Tesei, con la Cisl Umbria molto temeraria, si torna quindi a chiedere “coraggio” e “cambiamento” per superare “un dannoso ed esistente mismatch (mancata corrispondenza, ndr) anche digitale”. La Cisl spiega che la Regione “è in difficoltà  e a dimostrarlo sono i tristi primati: la denatalità si attesta al 5,3% ogni mille abitanti e il tasso di invecchiamento al 230%”. Dati, a dir la verità, noti da anni e che negli ultimi cinque anni non sono mai stati oggetto di discussione e confronto. Sul versante economico, la crescita del Pil è quasi ferma, fa sapere la Cisl Umbria, e si attesta allo 0,3 per cento. Un campanello d’allarme fino ad oggi sottovalutato, malgrado i tanti report di Centri studi e delle banca d’Italia.  L’Umbria, infatti, è il fanalino di coda rispetto a quanto registrato a livello nazionale. “Non bene nemmeno sul fronte del mercato del lavoro – continua la Cisl Umbria – il tasso di disoccupazione dal 2019 è aumentato e, ad oggi, è superiore del 2 per cento rispetto alla media nazionale. “Il dato più preoccupante per i giovani che è passato dal 18 per cento al 26 per cento”, aggiungono i vertici regionali della Cisl. Eppure, in questi anni nessuno ha denunciato il declino dell’Umbria e i rischi che la regione sta correndo. Infine, l’attenzione della Cisl Umbria si concentra su due temi: sanità e formazione. “Questi due temi riguardano tutti – sostiene la Cisl – non solo i lavoratori e i pensionati ma tutti i cittadini, ed investono diritti costituzionalmente sanciti e la tenuta sociale di una collettività”. Giusto, seppur la Cisl sulla sanità più volte non ha partecipato alla protesta contro lo smantellamento della sanità pubblica. “Dobbiamo impegnarci – annuncia – tutti affinché rimangano pubblici, di qualità e rispondenti alle esigenze dei territori”. Tanti motivi che spingono la Cisl Umbria a chiedere alla Regione di “rimettere al centro il lavoro, il lavoro dignitoso e la coesione sociale”.