Sanità Umbria, rimosso il veto sulle assunzioni degli specializzandi: pronti a prendere servizio. Tensioni sulla riforma dei medici di base

Mentre a Roma cresce la tensione nel governo sulla riforma dei medici di base, a Perugia si prospetta una primavera “ricca di assunzioni” negli ospedali grazie alla legge di Bilancio. E’ il sindacato dei medici Cimo a salutare positivamente quanto previsto dal comma 342 della legge di Bilancio che consente, già dal mese di maggio, l’assunzione di “almeno una decina di medici specialisti in formazione”. Una norma che permette di “superare il veto posto dall’Università degli Studi di Perugia all’assunzione degli specializzandi in alcuni reparti della rete ospedaliera umbra”. Per il sindacato dei medici la norma consente di superare la nota numero 256165 del 6 dicembre 2023 dell’Università di Perugia che “finora ha bloccato l’assunzione degli specializzandi, nonostante fossero risultati vincitori di concorso, in alcune aziende del sistema sanitario regionale inserite nella rete formativa delle scuole di specializzazione ma non sottoposte alla procedura di accreditamento”. In questo modo, sostiene la presidente di Cimo Umbria Cristina Cenci, si risolverebbe un problema increscioso già segnalato al precedente assessore alla Sanità. “Tanti colleghi specializzandi – spiega Cenci –  avevano dovuto rinunciare all’assunzione a tempo determinato non perché non volessero andare a lavorare negli ospedali più periferici della regione, ma perché la questione posta dall’Università degli Studi di Perugia sembrava insormontabile”. A Roma, invece, resta aperta la riforma dei medici di base: trasformare in dipendenti pubblici i medici di famiglia. Alcuni presidenti di Regione sarebbero favorevoli mentre Forza Italia chiede che i medici di base restino lavoratori autonomi subordinati alle convenzioni con il Sistema sanitario nazionale. La riforma proposta prevede che i nuovi medici di famiglia diventano dipendenti a tutti gli effetti del Sistema Sanitario Nazionale, come i dirigenti ospedalieri. Si lascia agli anziani la possibilità di scegliere. In questo modo la Asl di appartenenza li potrebbe utilizzare nelle strutture dove sono necessari, ad esempio negli ambulatori decentrati o dei piccoli paesi che oggi più facilmente restano sguarniti. I sindacati dei medici di famiglia temono però che il rapporto di fiducia col paziente verrebbe indebolito in quanto i singoli professionisti passerebbero parte del loro tempo lontani dallo studio. “Vogliono farci fare i dipendenti per poterci controllare meglio, ad esempio per decidere loro quali farmaci prescrivere e quali no. Quali visite o accertamenti prescrittivi e quali no. Il tutto organizzato con la stessa sapienza e capacità con cui stanno gestendo le liste d’attesa ! E’ il momento di far sentire la nostra e vostra voce, non si può rimanere in silenzio”, è la lettera della Federazione dei medici di famiglia (Fimmg).