Streaming illegale, ora si passa all’identificazione degli “abbonati”: tremano centinaia di perugini
E’ stata ribattezzata la banda dello streaming, capace di produrre un giro d’affari di oltre 10 milioni di euro al mese con un danno per il mercato ufficiale stimato in circa 30 milioni di euro. Una vera e propria organizzazione criminale strutturata su più livelli che diffondevano palinsesti televisivi ad accesso condizionato, le cosiddette pay-per-view, ha spiegato il direttore della polizia postale Ivano Gabrielli. Tra i ruoli apicali e i rivenditori dei pacchetti tv (reseller) c’era anche un perugino di 46 anni, considerato dagli investigatori un reseller, ovvero un venditore del pacchetto pirata. In poche parole, il 46enne di Perugia aveva il ruolo di procurare clienti alla presunta organizzazione criminale. Quando i poliziotti della Questura di Perugia sono entrati nella sua abitazione hanno trovato una stanza trasformata in una centrale illegale di streaming con una strumentazione informatica di ultima generazione. Un sistema conveniente con circa 900 mila clienti che l’hanno usato risparmiando anche l’ 80% rispetto ai prezzi di mercato. Tutta la Champions e il calcio su Sky a 10 euro, le serie tv su Netflix a 5, i film su Amazon Prime a 8. Per non parlare delle altre piattaforme televisive a pagamento come Dazn e Mediaset. L’associazione era organizzata in modo gerarchico secondo ruoli precisi e distinti: un capo, un vice, i tecnici e i venditori. Ed era articolata in varie sedi a livello nazionale, compresa Perugia. Nel fascicolo della procura di Catania ci sono intercettazioni che documentano la scala gerarchica dell’organizzazione. “Ormai siamo un’organizzazione…c’è un boss…5 capi e decine…”. Ma l’indagine non è chiusa perché l’indagine, dopo aver scoperchiato i vertici, ora punta a dare un nome e cognome anche agli utenti, ai 900 mila “abbonati”. Per una ragione semplice: “sono loro che contribuiscono a finanziare un mercato criminale”, sottolinea il direttore della Polizia Postale Gabrielli. E qui si apre un filone che potrebbe far tremare molti perugini, i clienti del venditore umbro indagato. E’, infatti, assai probabile che la maggior parte dei clienti del 46enne di Perugia siano stati di Perugia e dintorni convinti di risparmiare rispetto ai prezzi di mercato. C’è però un problema non di poco conto: il sistema “Gotha” sarà stato anche conveniente ma era illegale.