Accordo Università-Regione sugli ospedali di Perugia e Terni: frasi suggestive per la sanità dimenticata

Tanto tuonò che piovve. Dopo oltre quattro anni dai primi annunci la montagna ha partorito il topolino. Maurizio Oliviero, rettore dell’Università degli Studi di Perugia, e Donatella Tesei, presidente della Regione Umbria, hanno approvato l’atto che dovrebbe riorganizzare e razionalizzare  l’Azienda ospedaliera universitaria di Perugia e quella di Terni. L’atto è stato adottato in Giunta regionale e allo stesso tempo approvato in Senato accademico questa mattina ed è stato presentato nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Donini. Per entrambi si tratta di un accordo di “grande rilevanza” che contiene due parole chiave: “efficientamento e razionalizzazione”. Al di là però del motto che punta ad ottenere un effetto immediato ed essere facilmente memorizzabile, l’accordo sembra piuttosto nebuloso. Per tre semplici ragioni: il documento dice tutto e il contrario di tutto; annuncia solo principi generali e sulla riorganizzazione si limita a formulare impegni generici. Per quanto riguarda le strutture complesse l’ospedale di Perugia passa da 48 a 51, mentre Terni da 40 a 39. Poi il silenzio più assoluto: nessuna notizia sul convenzionamento dei medici universitari, sul personale e sul patrimonio. Un vademecum contenente tante, troppe frasi suggestive come quelle emerse oggi nella conferenza stampa: “rendere migliore la sanità”, “evitare doppioni”, “garantire una sanità pubblica”, “razionalizzazione costruttiva”, “atto di grande centralità per l’Ateneo” e così via. Il tutto di fronte ad una situazione che si è fatta sempre più drammatica: al Santa Maria della Misericordia di Perugia e al Santa Maria di Terni la sanità  mostra segni di preoccupante indietreggiamento. Cosa che non può essere sicuramente sfuggita ai due protagonisti della conferenza stampa di oggi che da quattro anni rappresentano il vertice di Regione e Università. L’ospedale di Perugia, ad esempio, una volta fiore all’occhiello del Paese Italia oggi è in condizioni a dir poco drammatiche. Non bastano annunci ad effetto o coniare convenzioni generiche perché le due aziende ospedaliere dell’Umbria soffrono di malattie croniche che vanno al di là della stessa disponibilità di risorse. C’è, invece, la necessità di maggiori risorse umane ma anche di riforme radicali e una buona amministrazione, oltre allo sviluppo e alla diffusione della cultura dell’organizzazione sanitaria, indispensabile in presenza di una situazione così difficile. Era così complicato fermarsi e riflettere sulle vere cause della crisi ? Alla conferenza stampa di oggi, la governatrice dell’Umbria Tesei ha evidenziato il rapporto “sempre franco e che è andato sempre nella direzione della integrazione totale” con il rettore dell’Università degli Studi di Perugia. Anche Maurizio Oliviero ha sottolineato la sincerità e lealtà che c’è stata con la Regione definendo l’accordo “di grande rilevanza” perché ha l’obiettivo di garantire “una sanità pubblica di grande qualità”. Su una cosa ha ragione il rettore quando afferma che la convenzione consegna all’Ateneo “una grande centralità”. C’è però un problema che i due protagonisti di oggi dimenticano: gran parte dell’assistenza sanitaria negli ospedali di Perugia e Terni viene garantita dai medici ospedalieri, ovvero professionisti non universitari. E, non sempre le scelte dell’Università si sono dimostrate all’altezza della fama dell’ospedale di Perugia. Con una conseguenza: strutture complesse tra Perugia e Terni doppie, triple e volte moltiplicate per quattro riguardano proprio professionisti universitari. Per tutto ci sarà ancora una lunga attesa.