Anima civica in campo per Perugia: “Meno hashtag, più idee”

PERUGIA – Bellezza, conoscenza, memoria, conoscenza, idee, coraggio, visione, partecipazione, condivisione, incontro, rigenerazione: sono queste alcune delle parole chiave dell’incontro pubblico organizzato da Anima Civica per rilanciare il suo percorso di “progetto per la città”. Un appuntamento che ha avuto come primo merito quello di creare una unità di intenti, e soprattutto senza divisioni, e con l’unico obiettivo di partire dalle idee prima ancora che dai nomi o dalle persone. Obiettivo, “fermare il declino” e “svegliare la città per farla uscire dal sonno in cui è piombata da alcuni anni”. Parole quindi ma non solo, con i contenuti e un’idea di città condivisa e inclusiva che ha iniziato a prendere forma. Uno “scossone” necessario ad una “città dormiente” partendo dal confronto e dalla discussione, pratiche quasi dimenticate in questi ultimi anni, e con “il primo nemico da sconfiggere che è la rassegnazione”.

Come sarà la Perugia del futuro? E la comunità che la vive che ruolo avrà nella trasformazione e nell’evoluzione della città? A queste domande Anima Civica e il numeroso pubblico accorso all’assemblea pubblica nell’Arena BorgoBello (Teatro di Figura, via del Cortone) alla serata di mercoledì 20 giugno (data dal forte valore simbolico per la città di Perugia) hanno cercato di rispondere tra interventi in programma – le comunicazioni introduttive sono state a cura di Paolo Belardi, Fabrizio Ricci e Costanza Spera – e quelli che sono seguiti, visto che l’invito a partecipare era infatti rivolto a tutta la cittadinanza che ha così preso parte alla riunione della città per dare voce alle proprie aspettative e alla propria visione di città. Numerosi anche i giovani presenti, a dimostrazione che i temi che coinvolgono la città di Perugia interessano anche il mondo giovanile. “Una piazza simbolica rispetto a tante esperienze e forse siamo sulla strada giusta” è stato sottolineato all’inizio. “Non abbiamo personalismi da rivendicare, ma c’è un protagonismo della città da rimarcare con Perugia che deve tornare a fare Perugia” hanno affermato i rappresentanti di Anima Civica che, con l’idea di “fare politica e non scendere in politica”, rifiutano “la chiusura, il provincialismo e il feticismo della schedatura” a cui si assiste anche in questi giorni: “Una concezione della vita pubblica che non ci appartiene”.

A prendere per primo la parola è stato Fabrizio Ricci, il quale ha sottolineato la “percezione del declino di una città e di un modello economico”. “Ci sono disuguaglianze anche tra quartiere e quartiere e tra generazioni, con i figli che stanno peggio dei propri genitori. Il lavoro, che non appariva nel programma del sindaco Romizi, anche a Perugia è sotto attacco, sempre più precario, non è più una condizione intorno a cui persone costruiscono un progetto di vita. L’esplosione della povertà è il problema su cui bisogna intervenire ad esempio valutando gli strumenti che già esistono, come il reddito di inclusione che interessa 2.500 umbri, o alla fonte mettendo in pratica politiche redistributive. Il nostro territorio ha fatto la storia del welfare con livelli di benessere e di uguaglianza molto alti ma ora è diventato un costo, non più visto come fattore di sviluppo”. Per Ricci, inoltre, “va ricreato un rapporto con l’Università perché il gioco di squadra tra città e Ateneo oggi sembra assente”.

Proprio su temi come Università e cultura è intervenuta Costanza Spera, ed anche per lei si assiste ad uno “scollamento” tra l’Università e la vita esterna. “Una città che si definisce universitaria deve interpretare in modo più profondo il suo ruolo” ha commentato la studentessa per poi aggiungere: “Mix culturale, prospettive, integrazione e servizi per tutti gli studenti sono possibili solo se c’è connessione con la città: Perugia deve riscoprire il valore degli istituti di alta formazione come anche la sua Università per stranieri”. “Cultura non è solo università e non è solo festival – ha aggiunto – e la città ormai rischia di chiudersi. Bisogna investire su politiche culturali che puntino a multiculturalità, integrazione ma anche su spazi pubblici che mancano. Il declino non è tanto rispetto a ciò che c’era prima ma rispetto al potenziale della città”.

“Per rigenerare una città serve un’idea di città” ha affermato Paolo Belardi. “Si rincorrono problemi particolari, risolviamo le cose in modo episodico, ma per fare del bene ci vuole una visione generale”. Secondo Belardi “non è la bellezza che crea il pensiero, è il pensiero che crea la bellezza”. Due le “formule” che per Belardi possono aiutare in questo percorso di rigenerazione: Estetica = memoria x conoscenza x coraggio e Visione = design / territorio.

In merito allo scarso utilizzo di memoria Belardi ha detto: “Un pezzo di architettura formidabile, l’opera di Claudio Longo, ex mattatoio di via Palermo, è stata demolita. Non possiamo demolire cose del genere senza di averle fotografate, rilevate e fatte conoscere. Così è come se non fosse mai esistito. Stessa cosa è avvenuta a Monteluce. Il primo edificio panottico (“che fa vedere tutto”) della contemporaneità è stato l’ex carcere che poi tutto il mondo ha copiato: non si può pensare di demolire anche questo. L’Arco etrusco invece è cresciuto su se stesso senza mai negare ciò che è”. Relativamente alla conoscenza che per Belardi è sinonimo di ricchezza ha spiegato: “Bisogna sfatare l’idea che Perugia è città medievale. C’è infatti anche l’800, il ‘900 e bisogna studiare cose ancora non studiate”. “Bisogna avere coraggio” ha poi proseguito: “Piazza del Bacio va guardata come sogno di una generazione che da città agricola si è trasformata in industriale. Perché rinnegare un sogno?”.

“Abbiamo istituito – ha aggiunto – all’Accademia di belle arti di Perugia un corso di design che ora ci vogliono copiare da più parti. Design significa disegnare e tracciare ad alto livello, significa cultura del progetto. Più alimentiamo quest’ultima più abbiamo una visione forte”. Sul territorio, per Belardi, troviamo le nostre radici e per guardare al futuro “bisogna costruire sul costruito”. “Gli edifici contemporanei sono gli stessi centri storici – ha detto – e la nostra sostenibilità dopo averla insegnata al mondo l’abbiamo dimenticata”. Dalla sua esperienza all’Accademia di belle arti Belardi ha capito “un’ovvietà”: “Se si vuole avere una visione e creare bellezza prima servono poeti, pittori, artisti, fotografi che ti fanno vedere le cose in maniera diversa. Su questo si può intervenire poi materialmente”.

Lavoro, cultura, università e urbanistica sono stati quindi i temi che hanno delineato la parte introduttiva della discussione. Dopo i relatori invitati da Anima Civica a parlare sono iniziati i vari interventi del pubblico. Si è parlato pure di diritti civili anche “per far tornare Perugia la città accogliente e inclusiva che è sempre stata”; non governare la città ma amministrare solo “non va bene”; occorre ritrovare la “gioia urbana” ma per questo “ci vuole una scossa molto forte per costruire una nuova idea di città e ripensare il destino di Perugia che in passato è stata capitale del nuovo sviluppo territoriale e un grande laboratorio di pensiero politico”; c’è bisogno di una idea di città pensando che Perugia “deve fare un salto di qualità nelle sue basi produttive e di pensiero”; per fermare il declino “bisogna parlare sì di Pil e problemi economici ma anche di anima con la necessità di comunicare sempre di più per tornare a processi di bellezza e rigenerazione della città e perché c’è una egemonia culturale della città che è stata sconfitta da quella della sottocultura e da una visione restauratrice”; “meno hashtag, più pensiero e partecipazione”.

Anima Civica quindi è “scesa in campo” per rompere uno schema con la convinzione, anche a bilancio della serata, che il percorso pensato potrà essere incisivo se si trasforma ora in una nuova progettazione fatta di idee e azioni comuni.

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