Pillola abortiva in day hospital, Barberini: “Libertà di scelta in sicurezza”

PERUGIA – Nella sessione dedicata al Question time della riunione di oggi dell’Assemblea legislativa, il consigliere regionale Sergio De Vincenzi (misto-Umbria next) ha chiesto chiarimenti sul perché “la Giunta non rispetta le indicazioni del Consiglio Superiore della Sanità (Css) e del Ministero della Salute circa la somministrazione, in day hospital, della pillola abortiva RU486”.

De Vincenzi ha chiesto di capire, “sulla base dell’operato di quale organismo scientifico, e di quali elementi scientifici addizionali, la Regione abbia stabilito che i pareri del Css e le linee di indirizzo ministeriali potessero essere superabili al punto di considerare estendibile l’impiego della RU486 anche in regime di day hospital, nonostante il potenziale rischio per la salute della donna”.

L’interrogante ha ricordato che “la Giunta, con la delibera del 4 dicembre 2018, ha dato mandato alle Asl e alle Aziende ospedaliere di applicare in tutte le sedi che effettuano interruzione volontaria di gravidanza chirurgica anche l’opzione farmacologica, cioè la pillola abortiva RU486, sia in regime di ricovero ospedaliero ordinario che in day hospital”, sottolineando che, nella seconda ipotesi, non esclude che l’espulsione possa avvenire al di fuori delle strutture ospedaliere. Dopo aver rimarcato come la delibera della Giunta disattenda gli autorevoli pareri del Consiglio Superiore di Sanità  e del Ministero della Salute, De Vincenzi ha aggiunto che “la liberalizzazione della somministrazione della RU486 in regime di day hospital  ha l’obiettivo di sgravare il costo degli interventi chirurgici e dei posti letto e lascia la donna in uno stato di solitudine psicologica, senza contare l’eventualità del danno biologico”.

L’assessore Barberini ha risposto che “il Ministero dal 2010 ha emanato le linee di indirizzo sulle interruzioni volontarie della gravidanza e fin da quella data è stata avviata una fase di partecipazione sull’argomento a cui hanno preso parte utenti, medici e società scientifiche, poi la Giunta regionale ha attivato un Comitato tecnico scientifico per redigere un corretto percorso assistenziale per le donne che optano per la scelta di abortire. Ci sono quindi state valutazioni espresse da professionisti in materia sulla base di dati a disposizione della comunità scientifica internazionale. La scelta della Giunta, con la delibera 2417 è stata ponderata nel pieno rispetto della salute della donna e della qualità della sua vita. Un principio già applicato da altre regioni italiane prima di noi e che non ha mostrato evidenze negative. Sottolineo anche che le linee guida nazionali non hanno un carattere precettivo ma orientativo per le Regioni. La nostra scelta è stata fatta sulla base delle indicazioni cliniche e scientifiche e non esclude il ricovero ordinario per questo trattamento, dando al tempo stesso maggiore libertà di scelta alla donna, sempre a partire dal suo consenso al trattamento, tenendo conto dello stato di salute, della sua storia clinica e di tutto il resto. Abbiamo quindi inteso valorizzare il rispetto della donna in momento difficile e la sua libertà di scelta, senza attenuare i livelli delle cure; si danno indicazioni sulle possibilità di percorsi alternativi scelti dal medico previa consenso della donna”.

Nella sua replica, De Vincenzi ha detto “resta il dubbio si voglia far cassa con la salute della donna, perché l’aborto in regime ordinario costa 1250 euro rispetto all’uso della pillola Ru486 che costa 70 euro, con il 95 per cento del risparmio, ma i rischi si possono consolidare equivalenti solo se avviene in ambito ospedaliero, nel rispetto della legge 194. é lo stesso Ministero che sottolinea un ‘ampio margine di rischio’ nelle sue relazioni, dove si legge che vengono sottostimati i rischi, dalle emorragie alla perforazione uterina alle infezioni, senza dimenticare che nell’1 per cento dei casi c’è bisogno di ricovero successivo. La Giunta riconsideri una scelta fatta per risparmiare i soldi”.

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