CARO SANTO FRANCESCO
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Caro Santo Francesco, è tornato ottobre e oggi ci ricordiamo di te in maniera particolare. Tu, in realtà, non lasci mai i nostri cuori tanto che, più spesso di quanto ti ricordiamo ordinariamente, ricorriamo a te in moltissime occasioni, religiose, civili, spirituali e materiali, specialmente qui in Umbria. Ci scuserai se a volte siamo un po’ invadenti, ma l’immagine che si è conservata di te, santità a parte, è quella di una grande disponibilità, di una generosità senza confini.
Quella sera del 1226 in cui ti sei addormentato nella pace degli angeli, cosa poteva volere più da te il mondo rispetto a quello che avevi già dato? La tua giovinezza, il tuo estro, il tuo coraggio, la tua lenta trasfigurazione, l’arrivo dei fratelli intorno a te, la fuga di Chiara verso le tue braccia, la predicazione agli ultimi e ai primi del mondo, l’Italia attraversata per ogni contrada, l’appassionata bellezza del quadro del Cantico sono un patrimonio che il tempo si è voluto tramandare di generazione in generazione. Il mondo ha avuto bisogno di questo patrimonio, il tempo non ha potuto rinunciarvi, i secoli si sono immedesimati in te, i troni, gli altari, le democrazie e le periferie hanno pronunciato mille volte il tuo nome, la storia ti ha riconosciuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della Chiesa e della società, le interpretazioni sono state diverse e contrastanti ieri, saranno eterogenee e contraddittorie domani.
Già, domani. Com'è possibile – mi chiedo – che la tua elementare semplicità, Santo Francesco, possa continuare ad alimentare tante e discordanti immagini? L'avvicendarsi delle culture non ci ha già dimostrato a sufficienza che è perfettamente inutile, oltre che ingiusto, elaborare dei “santini” di Francesco d'Assisi e di metterli in circolazione nelle circostanze più banali? Perché Santo Francesco dovrebbe esserci vicino nella politica e nella comunicazione, nell'estetica e nella cultura?
Non sono certo io a propugnare un restringimento del grande carisma del Santo, tutt'altro. Ciò che mi sento di proporre è un'altra cosa, è la possibilità che ognuno che lo voglia si avvicini al patrimonio spirituale e religioso lasciato da Santo Francesco agendo in maniera del tutto individuale, al di fuori di ogni categoria storica e culturale, a meno che non decida di diventare frate a tutti gli effetti e di entrare, dalla porta che vuole, nell'Ordine.
Per tutti quelli che non decidono in questa direzione, c'è da preservare il fascino mai del tutto definibile di Francesco d'Assisi, uomo solo dentro un secolo tempestoso e violento, uomo che ha chiesto a Dio una sola cosa: poter leggere bene nelle persone e nelle cose, nelle città e nei paesaggi in cui la vita l'ha portato per ricostruire rapporti umani fedeli e sinceri, immediati e duraturi con i fratelli – pochi o tanti non ha importanza – incontrati lungo la via.
Caro Santo Francesco, aiutami a capire qual è il piccolo gruppo che s'è creato intorno a me senza che io ne sia il centro, anche se ho fatto molto per unire persone e cose. Voglio riuscire a sentirmi parte di un piccolo gruppo anche quando so che potrei esserne la guida: era questo che tu volevi, Santo Francesco, quando arrivavano a te i primi frati?
Stamattina ho visto uno stormo di uccelli alzarsi in volo su un campo appena arato. Hanno compiuto alcune evoluzioni e disegnato forme rapidamente mutanti fino a posarsi tutti, di nuovo, tra le zolle da cui avevano preso a volare. Dopo qualche attimo, al gruppo si è aggiunto un altro volatile, non si sa se ritardatario, nuovo venuto attratto dalla manovra acrobatica, “passero solitario” convertitosi all'ultimo momento. Così siamo noi – Santo Francesco -, com'eravamo quando tu eri vivo. Noi dobbiamo andare, alzarci e volare, sempre riuniti in un piccolo stormo. Per non perderci e per affrontare meglio le insidie della vita. Soprattutto, credo, per fare in tempo ad accorgerci del nuovo venuto, quello che fra tutti ha più bisogno di una parola e di un gesto di accoglienza.