Dis…corsivo. Coi Baffi e Senza Baffi

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Coi Baffi e Senza Baffi sono due personaggi del romanzo “Conversazione in Sicilia”, scritto da Elio Vittorini alla fine degli Anni Trenta, due poliziotti in linea con il tipo di repressione praticata dal fascismo, due figure di meridionali autoritari, ma pavidi e circospetti.
Nascosti tra la folla festante, sono capitati per lavoro a Perugia durante l’apoteosi dei Baffi che si sta celebrando in città: Coi Baffi fiero di essere in linea con la solennità pagana, pavone tra i pavoni, scimmia tra le scimmie, Senza Baffi ancora più nudo rispetto alla sua abituale nudità, ma deciso a non mettersi niente di posticcio addosso, sulle labbra, per essere accolto nei Baccanali.
Una volta tanto, pur essendo un convinto e irremovibile portatore di baffi dagli anni dell’adolescenza, sto dalla parte di Senza Baffi.
Portare i baffi, oggi, è un’operazione di pura nostalgia, il segno di un invecchiamento, bello e nobile, ma pur sempre di un avanzamento negli anni. E se la Festa di Perugia vuole essere anche per i giovani, come può conciliare quest’obiettivo con la marcata sottolineatura di un attributo di peli vecchi, senatoriali, ingrigiti?
Colorarli, i baffi, è una consuetudine: tornano neri e biondi grazie a tinture miracolose. A Perugia, addirittura, possono mutare del tutto colore, prendere un acceso tono marrone, senza ricorrere a tinture, solo apponendosene di posticci sul labbro superiore, come a Carnevale.
E così, anche Coi Baffi, per entrare meglio che può nella Festa, si risolve a mettere sopra i suoi baffi una mascherina, a imitazione del suo autentico patrimonio di peli ben tirati, un travestimento giocoso accettato con bonomia e “spirito di servizio”.
Mentre Senza Baffi continua ad andare per il Corso indifferente alla marea di finti baffuti che lo additano come un intruso (però lo spirito di servizio è sempre quello del suo collega, perché quando dei poliziotti s’infiltrano per svolgere indagini possono assumere le fattezze più varie), appare chiaro che tutti quelli qui convenuti l’hanno fatto per gustare una prelibatezza locale e che, per essere il più possibile invogliati a ciò, sono stati invitati a indossare dei baffi per leccare al meglio, con quelli, la dolce ghiottoneria in vendita.
Coi Baffi e Senza Baffi, capita la manovra, intuiscono che, anche sotto spoglie simboliche e metaforiche, qui si sta “leccando”. E leccare è un’operazione con la quale ci si ingrazia un potente. Il dubbio dei solerti funzionari scatta: non è che qui si sta “leccando” un po’ troppo?
Le loro indagini non approdano a nulla: è puro divertimento, nemmeno scurrile (dài coi doppi sensi!), la Festa; mentre procede, si rivela assolutamente casta e talvolta puerile, i più bambini di tutti, poi, sono gli adulti che, anche se non hanno i baffi, Coi Baffi e Senza Baffi, stanno al gioco e, credendo di fare i bambini a Carnevale, invecchiano più che mai.
Ne hanno avuto abbastanza: Coi Baffi e Senza Baffi ripartono da Perugia, sicuri che è un “leccare” ingenuo e puerile, quello fatto con i baffi marroni, e che la sostanza che si lecca qui, in Umbria, non è fuori legge. Per il più a praticarsi, come dicevano una volta gli investigatori dei Regi Carabinieri, in Umbria non sembrano esserci personaggi di spicco che portano i baffi, l’ultimo premier con i baffi era una certo “Baffino” che doveva far dimenticare un più impegnativo “Baffone”, l’ultimo Papa che abitualmente portava i baffi era Innocenzo XII, alla fine del Seicento.

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