DIS…CORSIVO. DAVIDE E GOLIA

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / L’Umbria è una ben strana regione, in cui pare sempre che si stia combattendo l’antichissimo duello di Davide e di Golia, mentre le forze in campo, gli schieramenti politici sono sempre meno separati da un fronte che fa stare di là una maggioranza bulgara e di qua un’opposizione striminzita e gracile.

Certo, lo scontro fra Davide e Golia, nei decenni passati, ha sempre caratterizzato la storia delle maggioranze di sinistra (Golia) e le vicende dell'opposizione democristiana (Davide), salvo poi scoprire che, a certi livelli, in certe amministrazioni, le parti si invertivano e allora si cominciava daccapo: sassate del piccolo oppositore contro il gigante alto tre metri, apparentemente imbattibile.
Oggi che tutto è cambiato, perché continuare ancora a credere che la competizione politica umbra metta di fronte il possente Golia al piccolo Davide?
Sul piano della politica vera e propria, quella che finisce in turni elettorali, troviamo sempre più combattenti sciolti rispetto ai loro partiti che si contendono piccoli bacini di voti, con spazio per rimonte impensabili fino al giorno prima: i candidati sono tutti diventati, a seconda delle misure e delle proporzioni, delle dimensioni e delle percentuali, o tutti Golia o tutti Davide. Lo spazio di manovra è ristrettissimo e il protagonismo dei contendenti ne risulta amplificato. La regione è sempre più piccola e sembra proprio darsi in pasto, inevitabilmente, all'orco dell'accorpamento.
Dove, invece, l'antico disfida tra Davide e Golia resiste ancora è nella cultura di questa regione, nella fatica che un esercito di piccoli borghi fa per imporre la sua presenza d'immagine e di eventi rispetto allo strapotere dei grandi centri urbani, soprattutto il capoluogo di regione.
Non intendo la politica culturale del Comune di Perugia, che è in una fase di piccolo cabotaggio perenne da giugno ad ora. Intendo ciò che si crea e si consuma a Perugia, da Umbria Jazz a Eurochocolate. Le due manifestazioni sono autentiche personificazioni di Golia rispetto al davidismo dei piccoli centri, che non possono fare altro che curare i loro modesti orti di pianura, di collina e di montagna, sempre oscurati dal pregio e dal prestigio dei due intoccabili eventi, promossi per sempre a insegne luminose della mite Umbria.
Qui, davvero, Davide dovrebbe scagliare le sue pietre, indipendentemente dalle maggioranze che contraddistinguono e dividono i diversi paesi e gli sparsi borghi. È mai possibile che i Comuni umbri, di destra e di sinistra, non riescano a porre nelle loro mani la scelta, l'invenzione, l'originalità di un format culturale diffuso? Perché nessuno cerca di concentrare gli investimenti veri in una proposta che vada da Terni a Lisciano Niccone, da Orvieto a Gubbio, dandone l'ideazione a un esercito di creativi? Penso, sono certo, che con la fame di ideatività che hanno i giovani di oggi, umbri e non umbri, si potrà certamente uscire dal municipalismo culturale di cui ogni Comune sembra contento e che non lo porterà mai oltre le briciole della notorietà disseminate dalle lobbies che, invece, sono nate apposta per promuovere le eterne Umbria Jazz e Eurochocolate.
Un ruolo strategico in questa impresa potranno averlo i Comuni intermedi, i grandi centri culturali che rischiano, essi stessi, di essere sempre più emarginati dallo strapotere dei due eventi-Golia. Da questo punto di vista, Perugia, presa a sé e non come palcoscenico per gli eventi massimi, corre lo stesso rischio, in quanto a lungo ha usato gli accampamenti di Golia per godersi una facile notorietà a costi non sempre bassi sui propri bilanci. Terni, dal canto suo, è sempre stata costretta ad agire come contraltare, cioè come città identificata da uno statuto culturale altro rispetto all'accademico capoluogo di regione.
Finché, in definitiva, non si supererà questa tacita occupazione di aree culturali contigue e non interferenti, il destino dello scontro culturale fra Davide e Golia continuerà a caratterizzare il futuro a imbuto che aspetta l'Umbria, territorialmente e istituzionalmente. Non c'è, infatti, nessun altro spazio della società locale, produttivo o commerciale, in cui forze minoritarie potenzialmente protagoniste debbano contrapporsi, come Davide, a imperi culturali che fanno il bello e il cattivo tempo. Sono solo i Comuni a doversi rendere conto di ciò e a provare a ristabilire un equilibrio. L'alibi della Provincia sembra non esserci più e prima che scompaia anche quello della regione tradizionale c'è tutto il tempo, per loro, di organizzarsi e proporre. Golia non ascolterà, ma Davide perché rimane sordo a questa esplicita richiesta di coraggio culturale?

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