Dis…corsivo. Il Velino

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Comincerò dal Velino questo personalissimo ripercorrimento dei confini in grazia dei quali la “grande Umbria” è debitrice alla Sabina e al Reatino della sua interezza territorialmente plausibile.
Non c’è immagine più forte e dominante dell’unione fra l’Umbria e la Provincia di Rieti di quella che offre la Cascata delle Marmore. Il Velino che si getta nel fiume Nera dà vita a uno spettacolo di monumentale evidenza, ma la natura della connessione che due corsi d’acqua possono stabilire fra due parti di un territorio fino a farne un solo territorio rimane nascosta fra la spuma e e i sobbalzi delle tre discese delle Marmore.
Della Valnerina siamo ferventi ammiratori perché quel corso d’acqua, quel Nar dell’antichità, scava nella terra umbra un letto di suggestioni senza fine e un’alcova degna di sogni regali. Del Velino sappiamo meno cose, per quel fiume abbiamo meno amore, eppure esso si dona all’Umbria cercando questa terra come la piena liberazione del suo corso, che scende da molto in alto, ai confini stessi con l’Abruzzo.
Il Velino nasce a nord di Cittareale, Comune della Provincia di Rieti, che fino al 1927 faceva parte, appunto, dell’Abruzzo. Se guardiamo bene, però, Cittareale si trova quasi in linea con Savelli, in territorio di Norcia, fra le due località si va in un’oretta di strada provinciale.
La discesa del Velino accompagna, di là dal confine con l’Umbria, quella del fiume Nera, in un susseguirsi di paesi che, situati direttamente o indirettamente sui due percorsi, si nascondono con grande cura gli uni agli altri fino a svelarsi limpidamente sull’alto delle loro colline.
Questa caratteristica, infatti, accomuna i centri della Valnerina e quelli che, specie nell’alta Valle del Velino, rendono celebre la Provincia di Rieti, da Amatrice a Leonessa, che pure sorgono a una certa distanza dal fiume, ad Antrodoco, che da esso è bagnata: la peculiarità di far parte di un unico spazio unificante pur mantenendo, ognuno, il loro curatissimo isolamento.
Nei corsi d’acqua succede lo stesso processo che verifichiamo nelle città: i fiumi hanno tratti nei quali è quasi impossibile avvicinarsi alla corrente, poi, invece, ecco il Velino che attraversa, regale, Rieti, che diventa aperta componente idrica del Lago di Piediluco e ne defluisce prima di non nascondersi affatto al suo rito nuziale con il fiume Nera, che nasce dai Sibillini e caratterizza tutta l’Umbria.
Come si può disperdere questa unità dettata dai fiumi, dal Nar e dell’Avens dei romani? Sappiamo, infatti, che quell’unità è costata secoli di sacrifici e di discordie, quando le acque del Velino, durante il Medioevo, riuscivano addirittura a inondare Terni, mentre ancora prima si impaludavano nella piana Reatina, sembravano finire lì la loro corsa. L’equilibrio ingegneristico fra i due fiumi, raggiunto nel XVIII secolo con la Cascata delle Marmore, è proseguito, fra alterne vicende, fino ai giorni nostri, non solo sul piano spettacolare e turistico, ma anche in quello produttivo: il sistema Nera-Velino fa capo al complesso idroelettrico di maggiore potenza dell’Appennino.
Può l’Umbria di domani presentarsi al tavolo nazionale della ridefinizione delle Regioni priva di questa profonda unità dei suoi fiumi, dei suoi monti, delle sue città?

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