DIS…CORSIVO. L’UMBRIA CHE VERRÀ (SECONDO ME)

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Nei giorni scorsi è comparso un articolo di fondo dell’editore di “Umbria domani”, Pierluigi Castellani, che ha tracciato una opportuna sintesi del percorso fatto dalla testata nell’anno trascorso dall’uscita del primo numero a oggi. Volentieri mi ricollego a quell’intervento, da cui è emerso un bel quadro del lavoro del giornale sullo sfondo della situazione politica nazionale e umbra, per illustrare l’apporto che la rubrica culturale da me curata può avere dato e intende continuare a dare al giornale.

Sono sempre stato molto colpito dall'indifferenza che si scarica su ciò che, considerato in partenza importante e vitale a livello di iniziativa politica e culturale - fatti, appuntamenti, eventi e progetti - il giorno dopo della realizzazione va in un archivio dal quale nessuno mai più lo disseppellirà. Non è un problema di mezzo di comunicazione, di applicazione al proprio lavoro da parte del comunicatore. La cosa, tanto per cominciare, riguarda sia la carta stampata sia la più recente evoluzione del modo di stare sulle notizie che si attua sulla rete. E, poi, sembra di capire, non si verifica per un eccesso di informazione, per la sterminata notiziabilità di ogni più piccolo accadimento che spinge a passare subito oltre, a fare spazio a qualcosa di subito nuovo. La cosa accade perché di quegli stessi eventi, appuntamenti o progetti che siano, la gente continua a parlare, molto e quotidianamente, creando un surplus di opinione propriamente pubblica per reggere la quale l'informazione non sembra strutturata. C'è, insomma, su molti argomenti mandati in archivio dal sistema dell'informazione, una marea di discorso, perfino di chiacchiera, che né la politica né la cultura, attraverso i canali di informazione ai quali danno vita, riescono più a rendere protagonista, sia per limiti oggettivi di confezionamento dell'informazione, sia, talvolta, per non rendersi ostaggio di una sovrabbondanza di pareri e di punti vista difficilmente armonizzabili in un disegno di potere.
“Umbria Domani”, invece, ha allestito una rete di comunicazione che intende, già a livello di cronaca, superare questo scollamento fra opinione pubblica e gestione dell'informazione. Così si è generato, automaticamente, uno spazio prezioso per l'opinione – dico per l'opinione in sé, non questa o quella, non la mia o la tua, e neppure quella dei tuttologi - e sarebbe stato sciocco non occuparlo. Ed effettivamente, quando abbiamo cominciato a parlarne, a poco a poco si è delineata una prospettiva di lavoro, senza enfasi, unica, irripetibile, imparagonabile a forme di opinionismo presenti, a livello regionale, nel lavoro giornalistico, sia sulla carta stampata sia sul sistema del web. Quanto io sia riuscito a raggiungere l'obiettivo non sta certo a me dirlo. Ciò che invece non posso non dire è che la singolarità dell'esperienza dello spazio che occupo su “Umbria Domani” come Nostradamus risiede in questi pochi, ma programmatici, fattori: frequenza quotidiana della rubrica; scelta dell'argomento anche a partire da fatti minimi della politica e della cultura; uso di uno stile “corsivo”, cioè il più possibile interprete di un modo di ragionare trasversale alla composita formazione culturale dei lettori; struttura dell'articolo a forma di racconto; apertura assoluta del “pezzo” a ogni possibile commento, con provocazioni rivolte, quando è necessario, senza fare sconti a nessuno; senso della “dimensione Umbria” non come di piccola entità regionale, ma come di territorio dai confini larghissimi se si riesce a indugiare sulle tantissime particolarità del suo universo storico e della sua galassia geografica; consapevolezza dell'assoluta libertà di sperimentazione che l'editore e la redazione hanno consentito a questo spazio, specie dopo il rinnovamento del format avvenuto all'incirca a metà dell'anno di attività che stiamo considerando.
L'intervento quotidiano, in partenza, non si è posto dei limiti spaziali, per lo meno non è andato dietro alla riflessione, che si fa in questi casi, sull'opportunità di stare dentro un certo numero, non troppo lungo, di battute. La discorsività, alla quale tende il lavoro quotidiano di contatto con i lettori della mia rubrica, ha preso il sopravvento sulla convenienza di adottare la concisione dei messaggi lanciabili, ad esempio, attraverso i social network. Anche, dunque, rispetto a questi, il mio “Nostradamus” segna delle differenze, nel senso che, pur ispirandosi all'efficacia che conseguono messaggi brevi, lapidari, da botta e risposta, finisce con assemblare un certo numero di tali messaggi, ognuno nel suo capoverso, sicché, alla fine, si compone un “pezzo”, tutto sommato tradizionale, di media lunghezza, che confido sia letto da cima a fondo pur non essendone, molte volte, del tutto convinto.
Il fatto è che, lavorando in questa maniera, esprimendo fino in fondo ogni giorno senza limiti di spazio la mia opinione sul pezzo di Umbria che metto a fuoco, mi trovo in assoluta sintonia con la linea di lavoro della redazione e, soprattutto, con il controcanto che, sulla colonna di spalla del giornale, fanno alla realtà umbra sia il “fischio” sia la “stella”. Con quei brucianti aforismi smagatamente epigrammatici c'è un dialogo implicito, quasi di cameratismo buono a stemperare alcuni miei toni troppo forti e a esaltare nell'ineffabile ironia alcune considerazioni eccessivamente sussiegose di “Nostradamus”.
Del resto, molte scelte all'origine di questa rubrica, compreso il nom de plume mutuato dall'astrologo e scrittore francese del XVI secolo, sono state fatte proprio con il corsivista, e grande amico, del “fischio” e di “stella” e so che è da questo tipo di reciproci influssi culturali che si può capire l'accezione, seria e divertita allo stesso tempo, da dare alle “predizioni” contenute negli articoli che firmo giornalmente su “Umbria Domani”.
E, dunque, le “predizioni”. Cosa sono, cosa possono essere le “predizioni” di un ipotetico “Nostradamus” dei nostri giorni che si diverte a riflettere su tanti argomenti culturali e politici umbri che rischiano di andare nell'archivio dell'inconscio giornalistico?
Cercando io stesso di capirlo, mi viene di tornare a guardare con molta serenità ad alcuni tipi di questioni trattate. E allora mi accorgo che mi sono apparse centrali le conseguenze per la cultura nelle città uscite dal terremoto delle amministrative di giugno, la fase finale della candidatura di Perugia2019, le questioni dell'Ast , del settembre culturale ternano e dei lavori del Consiglio regionale sulla nuova legge elettorale, la presenza di Eurochocolate e le difficoltà di concepire, in Umbria, grossi eventi espositivi. Se questi sono i temi che ricorrono di più, c'è un'altra categoria, ugualmente fondamentale, in cui mi piace raggruppare tutti i pezzi ispirati da fatti e progetti accaduti nei Comuni più piccoli e non posso dimenticare la linea delle biografie di personaggi importanti per l'Umbria di ieri da tenere presenti per l'Umbria di domani.
La “predizione”, insomma, sa di astrologia per lo stimolo che porta a individuare il tema da trattare e diventa un razionale avvertimento per il domani, per la stessa politica di domani, quando l'articolo è scritto e lo spedisco per la pubblicazione. La “predizione”, soprattutto, si può chiamare tale quando è riuscita a scrivere ciò che può essere presente, su un dato argomento, nell'opinione pubblica: attese e speranze, momenti di crisi e d'indifferenza, atteggiamenti di disponibilità e ritrosie da sfiducia, condivisione di certe scelte o segnalazione che ciò che viene fatto non incontra il favore popolare. Tutto ciò, naturalmente, senza avere la pretesa di parlare per l'opinione pubblica, ma solo coltivando il profondo desiderio di rivolgermi all'opinione pubblica, di confrontare la mia personale opinione delle cose con quella di un ipotetico interlocutore collettivo, che risiede nella comunità umbra in cui anch'io vivo e lavoro.
Così, in ogni caso, mi pare di sentire l'Umbria nella sua reale consistenza e nella sua emotività di fondo, ereditata da un passato che ancora si esprime e che porta sul mio tavolo una serie di appunti e di di riflessioni ai quali è necessario provare a dare un ordine, giornalisticamente gradevole, per poter puntare, come felicemente dice la nostra testata, verso l'Umbria che verrà, l'Umbria di domani.

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