DIS…CORSIVO. PARRANO?

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / “Parrano? Paesello di collina fra robinie, oliveti, vigne, boschi; poche case, una torre, una chiesina in chiostra di bei monti ed umbri e toschi”.

Versi gradevoli. Versi dimenticati. Versi dei quali si è confuso persino l'autore, eppure sono dentro una pubblicazione del 1941. Sono di Gaetano Fratini, parranese, magistrato di Cassazione e poeta della prima metà del Novecento, padre del più conosciuto epigrammista Gaio, al quale generosamente qualcuno li ha attribuiti, corretto poi provvidenzialmente da Marco, figlio di Gaio.
A quei versi di Gaetano Fratini manca solo l'acqua, che s'annida purissima nelle gole intorno a Parrano, per essere perfetti. E tuttavia, anche così, sono il più spettabile biglietto da visita che un “paesello” possa vantare. Poniamo che non li avessero dimenticati, che li avessero scritti ovunque, nella loro solida semplicità, prima che Parranno fosse conosciuta per altri connotati più altisonanti, come, ad esempio, il Principato di Parrano.
Credo che se si fosse seguita la traccia dell'acquerello di Fratini (Gaetano), la risorsa culturale di così brevi versi avrebbe molto giovato a Parrano, molto più di intere campagne pubblicitarie. E invece no. Si dimentica, si preferisce passare oltre.
Fratini (Gaetano), sì, a Parrano era di casa, ma aveva fatto parlare di sé, una gran bella carriera, a Roma. Come Sante De Sanctis, poco prima di lui parranese illustre nel campo della neuropsichiatria infantile, come l'arcivescovo Maccari e il fisico Petracchi, come il giornalista Alberto Maccari, che ricordiamo, fra l'altro, direttore del Tg1. Intendiamoci: la colpa non è dei parranesi di oggi se tutta la cospicua eredità intellettuale di parranesi così illustri non è rifluita all'interno del borgo e non ha alimentato la fortuna culturale e turistica che Parrano, anche per il loro lavoro, merita.
Però, questo, è un dato che ritorna spesso, in tante città umbre, anche molto più grandi di Parrano: queste realtà locali umbre non sono quasi mai state raccontare come si sarebbero meritato. Avrebbero potuto pensarci, magari, scrittori e poeti non emigrati da Parrano, o da altre città umbre. Oggi avremmo tante storie e tanti racconti ricchi di fascino e memoria, narrazioni in grado di arricchire l'offerta, stimoli romanzeschi a frequentare una terra umbra intrecciata di vicende quanto e più di un vecchio tessuto artigianale.
Invece, tutto ciò manca, anche se fra tutto ciò che manca a Parrano - lo dico al sindaco che si è dimesso - è la cosa della quale si avverte meno la mancanza, ne sono sicuro anch'io.
Però, per quel poco o tanto che può valere, il fresco acquerello di Gaetano Fratini stasera, oggi, mi rimbalza nella mente, pulsa fra mente e cuore come un rimorso, anche personale, di far mancare, anch'io, quella narrazione, che sopra reclamavo, alla mia città e alla mia regione. Diciamo, allora, che vorrei soltanto che l'esempio di Parrano, così eclatante per il gesto dimissionario del suo sindaco, potesse aiutarci a riscrivere l'Umbria fra antiche e nuove emozioni, fra la gloria e la solitudine, la meraviglia e l' ovvietà che gli ospiti ci leggono negli occhi.

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