Dis…Corsivo. Questi palazzi!

DIS…CORSIVO. QUESTI PALAZZI!

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Ci vuole il silenzio dell’estate per far assopire le vie sotto il sole e per rivelare la vera natura delle nostre case, specie di quegli interni maestosi e preclari ai quali diamo il nome di “Palazzi”. Questi palazzi, che ad agosto si vuotano, nei quali rimangono pochi inquilini, come nella commedia di Eduardo, pullulano di anime che non sono né in pena né libere, ma solo il corteo infinito delle presenze del tempo di appartenenza di ogni diversa costruzione.

Il Palazzo della Provincia, a Perugia, se lo sono ripreso tutto, in questo mese d’agosto, i vecchi notabili dell’aristocrazia risorgimentale umbra. Nelle stanze del Piano nobile passeggiano austere figure con la tuba in testa, caparbie, insoddisfatte corporature che ogni tanto s’accendono dell’entusiasmo barricadero di quand’erano giovani. Quando devono andare verso la Sala del Consiglio provinciale, lo fanno con un certo fastidio, poi però si siedono, non c’è vocio intorno, nessuno parla più forte del dovuto, ogni tanto suona il campanellino del Presidente. Ridono, questo sì, specie quando, tra una votazione e l’altra, si accomodano nella Sala degli Stemmi e fumano lunghi sigari accostati alle finestre. Non ci sono che loro, e questo non perché la Provincia abbia ormai pochi frequentatori, ma perché il mistero di agosto ha restituito loro la scena, come accade ogni anno. Se capita qualche vivente, non lo notano nemmeno, sono rimasti fermi nel loro tempo solenne, non sanno che tutto è passato, che tutto è stato buttato al vento il loro lavoro. Se qualcuno glielo dicesse, l’anno dopo, ad agosto, non si presenterebbero più. Ma adesso quanto si divertono, quanto deliberano, quanto argomentano, quanto sentenziano, come sono preparati, che bel linguaggio hanno! Ti verrebbe voglia di stringergli la mano, ma i busti della Sala del Consiglio, che effigiano qualcuno di loro, oltre a non avere le braccia, non hanno niente a che fare con le loro presenze soprannaturali. Però ci sono, è garantito, e quel profumo di polvere che c’è nei corridoi del Palazzo della Provincia lo fa capire per tutto il resto dell’anno.

A Palazzo Cesaroni, invece, si sono ripresi l’atmosfera agostana di sale e corridoi le anime del gran mondo della Belle Époque. Qui la musica è cambiata, ma le persone della realtà che fu si sentono ancora padrone della scena e odono e vedono gli inquilini di adesso come altrettanti intrusi. Credono ancora di poter ballare, di vivere ogni rito quotidiano e notturno del Palace Hotel, non si rassegnano al decoro che i nuovi inquilini hanno saputo dare al Palazzo. E, infatti, gli interni di oggi, Sala del Consiglio a parte, assomigliano ancora tanto agli ambienti scintillanti del Palace, sembra di scivolare via, da un corridoio all’altro, nella raffinatezza di alcove accoglienti e nel lusso di sale da pranzo profumate e colorate. Salendo per le ampie scale, si sente ancora tutta la modernità di un secolo fa, quel tono di benessere che la città voleva darsi nonostante la guerra. Qui non c’è polvere lasciata da anime di un tempo lontano, qui ci sono le anime vere e proprie, quelle in pena e quelle libere, qui queste anime vorrebbero forare la realtà di oggi e riprendersi materialmente la scena. Non potendolo fare, qualche volta compiono scherzi di cattivo gusto agli inquilini, ma basta saperlo, non sono cattive presenze. È che, di là, non hanno ancora trovato un Palace altrettanto scintillante, gaio e brillante, ma anche riservato e pudico, come l’attuale.

E a Palazzo Donini, che succede? Le anime che qui tornano ad agosto non hanno perso l’abitudine di vivere la loro straprovata nobiltà, la più antica e titolata che abbia albergato su questo palazzo d’angolo tra il Corso e la Piazza. Sono anime tristi, hanno con loro qualche anima innocente. Provano a giocare, come ai loro tempi, ma non ci riescono, una noia mortale dopo la morte li pervade e condiziona ogni loro gesto, abitudinario come un tempo. La loro più grande occupazione, in questo Palazzo, è quella di starsene il più possibile dietro le finestre, spostandosi di continuo, con una certa alacrità, fra quelle che danno sul Corso e quelle cha danno sulla Piazza. Cosa vedono? Vedono esattamente la Perugia di adesso, perché tutto ciò che è fuori del Palazzo, qui come negli altri, non è di loro giurisdizione. Poi, però, quando rientrano nelle Sale, gironzolano per i corridoi e salgono fino in alto, tutto l’ambiente interno è com’era ai loro tempi, quello che noi non possiamo vedere nonostante sappiamo che vi sono molte somiglianze fra adesso e il Settecento. Ci sarebbe da impazzire nel passare da un interno settecentesco a un esterno senza più la Rocca Paolina, lì davanti, e con quel rumore di canti e suoni che, anche nel silenzio agostano, domina sul Corso e sulla Piazza! Ma le anime di Palazzo Donini hanno sperimentato, nell’oltretomba, certi equilibri psicodinamici che permettono loro di sopravvivere alle contraddizioni che gli tocca vedere. Quanto agli inquilini attuali, le anime di Palazzo Donini li rispettano come la nuova aristocrazia che credono abbia preso il loro posto.

Ah, questi Palazzi di Perugia! Avrò sentito bene le presenze che ad agosto vi tornano, avrò capito bene le differenze fra il Palazzo della Provincia, il Palazzo Cesaroni e il Palazzo Donini? Se proprio vi ho messo qualche curiosità, fateci un giro, tranquillo e rispettoso, e riportate qui le vostre sensazioni. Io, intanto, mi attrezzo per fare visita ad altre residenze, prima che finisca agosto.

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