Dis…corsivo. Un impegno

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Si torna a parlare dell’opportunità di nominare espressamente i Santi umbri nello Statuto della Regione. Il dibattito è vecchio: riproporlo è utile, aggiornarlo è necessario.

E’ vecchio per nessuna particolare responsabilità di qualcuno. E’ “datato” perché tutta la cultura politica umbra si vede, di nuovo, spiazzata: due Santi – il primo patrono d’Italia, il secondo patrono d’Europa – non sembrano alcunché stando alla Carta statutaria della Regione.

Però, riproporlo è utile, si deve, chissà che non si riesca a fare un po’ più di chiarezza, intorno ai suoi contenuti, in un’Assemblea legislativa molto rinnovata, tendenzialmente molto dinamica, sicuramente interprete di nuove istanze sociali.

L’utilità, però, della sua riproposizione si vedrà, pressoché subito, se emergerà una chiara volontà di aggiornarlo quanto a termini, contenuti ed espressioni linguistiche, a tutto campo, insomma, sviluppando un dibattito culturale prima ancora che politico.

Nessuna emergenza, infatti, nessuna cogenza politica lo richiede, neppure quella, per quanto nobile e sviluppabile sul piano dell’accoglienza, legata all’imminente avvio dell’anno del Giubileo della Misericordia.

Solo un altissimo livello di spiritualità impone a questa regione di interrogarsi ancora una volta sui due Santi Francesco e Benedetto e sul ruolo da assegnare a essi nello Statuto della massima assise umbra.

Ciò vuol dire guardarsi profondamente negli occhi e dirsi la verità – laici e cattolici, spirituali e materialisti – sull’effettiva rispondenza dell’Umbria di oggi allo stato di incredibile misticismo in cui hanno visto la luce e hanno operato i Santi di Assisi e di Norcia.

A molti – in maniera trasversale – continuerà a sembrare che le condizioni ancora ci siano, che quel clima di raccoglimento operoso che vendiamo in chiave commerciale e turistica insieme con i nostri centri storici aleggi ancora sul nostro cielo.

Perché, dunque, non trarne le conseguenze sul piano legislativo adottando un linguaggio scritto che ci metta in equilibrio con tutti gli atti ufficiali che hanno proclamato “patroni” d’Italia e d’Europa Francesco d’Assisi e Benedetto da Norcia?

Ecco, la svolta, l’aggiornamento culturale del dibattito dovrebbe avvenire proprio a questo livello. Ma il salto non sembra volersi compiere perché, al momento del voto, pochi, scommetto, si sentiranno di giurare sul mantenimento, ancora oggi, di un alto livello di spiritualità in questa regione.

Non parlo, ovviamente, del rigore e della felicità di Santi vissuti in secoli lontanissimi, ma, più credibilmente, della loro eredità, protrattasi nelle fattezze e nella mentalità degli umbri fino – proviamo a osare? – a non più di una cinquantina di anni fa. Dopo, è stata una perdita secca di francescana poesia e di inflessibilità benedettina. Dopo, è stata una sostituzione continua di valori e di identità, che hanno riportato, a me pare, questa terra alle condizioni contro le quali tanto Benedetto quanto Francesco hanno levato la loro voce ammonitrice e il loro verbo riformatore.

Ecco, se lo Statuto della Regione dell’Umbria desse spazio a quella voce e a quel verbo e s’impegnasse a diffonderli per il mondo oltre che a musealizzarli in Umbria…

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