DIS…CORSIVO. IL VOTO, IL VUOTO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Ci sono alcune incongruenze che non riesco a spiegarmi dietro il voto per le regionali di domenica scorsa. Dato per scontato l’ovvio riferimento alla disaffezione crescente degli italiani per la politica, specie quella locale, e rimesso alla valutazione delle forze politiche il grado di depressione o di esaltazione di volta in volta misurabile, ciò che non mi torna è la forza dirompente che un tatticismo di massa riesce ad esprimere quasi in maniera autonoma rispetto agli ordini di scuderia che arrivano dai partiti.

C'è, insomma, tutto un voto in libertà, al di fuori delle righe, che si ritrova puntualmente a fare quadrato nell'astensione ed è altrettanto compatto quanto alle dimensioni della partecipazione.

Sembra, detto diversamente, un voto da “grandi elettori”, del tipo, ad esempio, di quello formato per eleggere alla chetichella i nuovi consigli provinciali alla metà di ottobre. Nel caso delle regionali di Emilia-Romagna e di Calabria, i pochissimi che sono andati a votare si sono assunti l'onere di rappresentare, oltre che il loro proprio voto personale, la linea di tendenza del popolo stanco, ma non rinunciatario, degli elettori in stand-by, ma pronti ad accendersi alla prima occasione che reputeranno di loro gradimento.

Non si può non pensare a uno scenario del genere e ci vorrebbe qualcuno, qualche esperto in ricerche demoscopiche, capace di farci capire se le percentuali bassissime degli ultimi turni elettorali corrispondono a un popolo, sempre quello, oppure c'è una specie di passaggio implicito di testimone per comporre la staffetta gloriosa di quelli che, di volta in volta onorano il loro diritto di “signori e signore dei seggi”.

Se, dunque, in ogni caso chi oggi va a votare è un grande elettore di massa e non elitario, bisognerebbe cercare di capire quanto questa tendenza abbia delle chance di prosecuzione o se sia un negativo fenomeno transitorio.

La politica, detto in altra maniera, ha interesse a che le cose restino così, cioè che con percentuali bassissime di elettori i giochini di palazzo possano riuscire meglio che mai, oppure ritiene che la partita dell'astensionismo sia, alla lunga, una strategia in grado di far scattare solo inutili azioni da fuorigioco o, peggio, di provocare azioni di contropiede con relativo gol facile da parte di forze politiche piccole e opportunistiche, come ieri era il Movimento 5 Stelle e oggi cerca di essere, con la proverbiale trivialità, la rediviva Lega di Matteo Salvini?

Sono queste le incongruenze che non trovano risposta nel dibattito che si sta aprendo dopo le regionali dell'altro ieri. È a questo tipo di domande che bisognerebbe cercare di dare una risposta, senza attardarsi oltre sulle scaramucce sugli sfottò che volano per l'etere.

C'è, invece, in molti partiti una buona dose di incoscienza nel riflettere sul senso della vittoria e della sconfitta: ma le segreterie dei partiti sanno, almeno, quanto l'azione dei franchi tiratori interni può avere pesato nell'indirizzare verso il non voto masse controllate di dissidenti, fieri oppositori ispirati al sempre corrente motto di “muoia Sansone con tutti i filistei”?

Secondo me, i franchi tiratori di massa - che esistono altrettanto quanto esistono i grandi elettori di massa - sono stati determinanti nel lanciare avvertimenti alle loro segreterie e nel giocare d'azzardo come nessun altro incallito giocatore avrebbe saputo fare. E c'è da dire che, nel loro gioco, essi sono stati facilitati enormemente dalle campagne ultra scandalistiche che certa stampa di provincia, dietro quella nazionale, non cessa di aizzare contro i governi locali di Comuni e Regioni.

A me, questo panorama di scarso appeal dei poteri regionali, dipinto dalla stampa e percorso da stuoli di grandi elettori di massa alle prese con franchi tiratori di massa ispirati da leader nazionali, dà veramente l'idea di un grande, desolante vuoto. Un incolmabile triste vuoto di sogni e prospettive, che l'Umbria, ormai prossima a un voto lungo questa filiera di grandi elettori di massa, potrebbe cercare di riempire col calore della sua cultura e con l'ardore delle sue intelligenze migliori, se qualcuno penserà di cercarle e di scomodarle.

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