DISCORSIVO: LA CITTADELLA

Maurizio Terzetti / La realtà scolastica umbra, nel giorno in cui tutto il sistema della pubblica istruzione si rimette in moto, fa pensare a una comunità locale che, per quanto assalita dalle ripercussioni della crisi generale, si stringe intorno ad alcune cittadelle ben organizzate. Quando, però, si esce da questa rete di moderne fortezze, gli istituti scolastici sparsi e isolati faticano palesemente a rendere virtuosi i presupposti che il numero delle iscrizioni continua ad alimentare e a comporre. Il Piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, per lo meno in una realtà come quella umbra, dovrebbe servire a rimettere in equilibrio territoriale e funzionale il rapporto fra le “cittadelle” e le “case sparse”, con vantaggi, insieme, sul piano della spesa e della valorizzazione dell’offerta formativa, cedendo il meno possibile alle pressioni che localmente sono esercitate, attraverso i dirigenti scolastici e i Comuni, per contenere i temuti accorpamenti fra istituti scolastici.

L'Umbria, nel suo complesso, è nelle condizioni di rispondere molto bene al trend che le famiglie italiane hanno innescato per non rendere disoccupati i loro figli. Quelle iscrizioni che, su base nazionale, si orientano decisamente verso l'istruzione agraria, l'enogastronomico e il turismo, hanno in Umbria un terreno privilegiato di accoglienza e ancora di più lo avrebbero se tutto ciò che può funzionare come “cittadella” potesse effettivamente agire come tale. La sensazione che non tutte le virtuosità dell'offerta formativa umbra stiano dando il meglio di loro stesse perché impastoiate in una serie di miopie locali è molto più che una suggestione personale. È un dato di fatto se si fanno dei confronti. L'Istituto di Istruzione Superiore Ciuffelli-Einaudi di Todi si è potuto erigere come una cittadella utile per l'agrario, l'elettronica, la moda, le costruzioni, il marketing e il turismo, mentre un complesso (non un plesso, un complesso, nella sua formidabile urbanistica) come quello del Convitto Nazionale di Assisi non riesce a contenere dentro di sé due scuole che, per un verso senza sorprese come l'Istituto Alberghiero, per un altro con gradevole sorpresa, come il Liceo Scientifico, sono entrambe in espansione. A Perugia, invece, sono da tempo una cittadella tanto il Liceo classico di città, con valenza e sopravvivenza musicale, quanto l'Istituto Industriale “Volta”, a metà strada fra l'acropoli e i “ponti” del capoluogo.

Queste, e altre situazioni di punta del sistema della pubblica istruzione umbra, fanno sorgere alcune domande che si possono sintetizzare nella seguente: che tipo di completamento, a livello universitario, possono e devono aspettarsi le cittadelle una volta esaurito il loro compito di integrazione delle comunità locali? Le Università sono altre comunità locali nelle quali le integrazioni fra gli studenti sono quanto meno di livello nazionale se non, come è per Perugia, mondiale. Ma, anche in questo senso, le comunità locali che ospitano gli studenti delle secondarie superiori non sono da meno. Dunque, non è su questo piano che l'Università può dare di più. Lo può nella didattica, nella ricerca, nell'avanguardia, se assistite opportunamente dal ricambio baronale. Ma deve fare in fretta perché molti suoi Istituti sono, oggi, improduttivi, specie nel settore umanistico, in quello giuridico e nell'altro economico. Ci vogliono una grande ripresa e una notevole tenuta nei settori che potrebbero essere il punto d'approdo degli studenti usciti bene dalle cittadelle. Altrimenti genitori e figli opteranno a ragione per la non prosecuzione negli studi universitari: l'entrata pressoché immediata nel mondo del lavoro potrebbe essere una prospettiva troppo allettante per non prenderla in considerazione. E come dare loro torto?

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