DUE DOMANDE A PROPOSITO DI GUBBIO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / È mai possibile che nella città in cui si è fatta luce sui contenuti e sul linguaggio delle più antiche testimonianze scritte della cultura umbra – Gubbio, intendo, con le sue preziosissime “Tavole” – la contemporaneità della politica del centro sinistra non riesca a trovare un linguaggio comune, a intendersi almeno sull’oralità del necessario per far risorgere questo centro sublime dell’Umbria profonda che è Gubbio?
La città ha bisogno di una rinascita da tempi immemorabili, anche se mi riferisco, con questa espressione, agli ultimi dieci, quindici anni. L’inizio della crisi di identità di Gubbio, per un paradosso colossale, pare coincidere con il successo clamoroso che arride alla città con l’arrivo dell’allegra brigata di Don Matteo: turisticamente un gran colpo, culturalmente un senso di estraneità della fiction rispetto alle caratteristiche umbre, romane, medievali e rinascimentali della città.

Il fatto, in sé, poteva e doveva essere messo in conto: una fiction, per sua natura, stravolge e omologa, crea indubbi vantaggi sul piano della notorietà, ma si riprende il suo nel fissare l’immagine come le fa più comodo. Questo è avvenuto nel corso delle otto stagioni di Don Matteo e dei sindaci che parallelamente si sono succeduti; il nuovo sindaco Stirati ha di recente auspicato che la fiction possa tornare a concludersi a Gubbio, là dove era iniziata.

Viene da chiedersi: con la stessa disinvoltura con cui Terence Hill si muove per l’Umbria, transitando innocentemente, in bicicletta, da Gubbio a Spoleto, non potrebbe muoversi anche la cultura profonda e identitaria delle nostre città, alleandosi in nome di un patto fra antichi umbri proiettato sulle necessità turistico-culturali di oggi? La domanda, in ogni caso, è preceduta e fondata da un altro interrogativo: l’alleanza culturale fra gli antichi centri umbri, promuovibile a partire da Gubbio, quanto aiuterebbe la città a ritrovare quel dialogo del centro sinistra che dentro le mura cittadine sembra essere, se non impossibile, almeno viziato da ferite che stentano a rimarginarsi?
Quella che si adombra non è, non può essere, per nessuno una via di fuga. È, solamente, il percorso più appropriato che la via culturale sembra indicare allo stallo politico-amministrativo di oggi. Se la politica, nel confronto fra Liberi e democratici e Pd, saprà trovare altre ipotesi di fuoriuscita dalla spaccatura frontale creatasi con le recenti elezioni, tutto il centro sinistra, e non solo quello eugubino, ne potrà esultare, magari sobriamente, come fa Don Matteo. Ma se questa via tutta politica non dovesse aprirsi, se dovessimo permanere nel paradosso eugubino di saper leggere le Tavole ma non le parole dei potenziali alleati nell’amministrazione della città, allora prenderebbe quota a maggior ragione la necessità di seguire quel percorso federativo fra antichi umbri che, guidato da Augusto Ancillotti, potrebbe portare molto lontano oltre le mura di Gubbio, chissà, verso Assisi, Spello e tanti altri centri ancora.
Guidando questo percorso in qualche modo federativo – ne sono certo – lo stesso linguaggio che oggi oppone le componenti del Pd e dei Liberi e democratici di Stirati potrebbe rinnovarsi, tradursi in attenzioni e comprensioni reciproche riguardo anche alle necessità cogenti dell’amministrazione di Gubbio, in ogni settore di intervento, dall’urbanistica alla termovalorizzazione. Forse solo uscendo da se stessa in nome del ruolo di capitale culturale degli antichi umbri, Gubbio potrà far sentire a se stessa l’eco del proprio magistero in Umbria, mostrare agli occhi increduli dei tanti interlocutori che incontrerà per via che cosa nascondono le vestigia sparse della civiltà romana e quelle, spesso immateriali, della civiltà umbra.
E una controprova di questa possibilità la forniscono gli stessi Ceri. Come migliaia e migliaia di persone confluiscono a Gubbio per la magica giornata di S. Ubaldo, così è indispensabile che gli eugubini – in questo caso quelli che governano la città – si facciano promotori di una “politica estera” della loro città della quale rendere partecipi ed entusiasti tutti gli amici e compagni del centro sinistra, senza dimenticare le opposizioni: tutti impegnati in una ideale migrazione antico umbra, tutti animati dal desiderio di riscoprire le tracce sparse di una potente lezione di attaccamento al proprio territorio in un’operazione culturale della quale a Gubbio, come con i Ceri,
sarà grata e riconoscente l’intera comunità umbra di oggi. E se qualcuno vorrà compiere il viaggio in bicicletta, come Don Matteo, sarà senz’altro il benvenuto sul piano del marketing. Purché porti con sé alcune fette di crescia o del pane di farro.

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