Elezioni e Referendum: sotto esame non solo politici e candidati, ma anche i Sondaggisti, reduci da precedenti (numerose) figuracce.
Le prossime scadenze elettorali- in Italia e all’estero- sono esami non solo per i politici e i personaggi ufficialmente schierati sui diversi fronti, ma anche per i sondaggisti che in passato più volte sono stati ‘’rimandati’’, avendo fallito, anche clamorosamente, alcune ardite anticipazioni sugli esiti. Tanto per rimanere ad un recente esempio- il voto inglese per l’ipotesi di Brexit- è stato clamoroso il tonfo di chi aveva annunciato la vittoria degli europeisti.
Ma fecero ‘’fiasco’’ pure i ‘’profeti’’ delle elezioni per il Parlamento di Strasburgo (il Pd venne accreditato del 30-32%, ma conquistò quasi il 41%) e per le ‘’Comunali’’ (i Grillini hanno incamerato 6-7 punti più di quelli pronosticati).
Ora siamo bombardati dalle verifiche degli esperti (più o meno sedicenti) che stanno sondando gli umori degli americani (Hillary o Donald) e degli italiani (Si o no?) e si affannano per anticiparci i verdetti di martedì prossimo e del 4 dicembre. Questi due appuntamenti sono così attesi (negli Usa e da noi) che le voci dei sondaggisti hanno ascolti altissimi, molto più alti di sempre. Alcuni massmediologi arrivano a supporre che certe ‘’anticipazioni’ potrebbero addirittura influire – in un senso o nell’altro- nelle decisioni dell’elettorato, specialmente di quegli elettori che ancora stanno sfogliando la margherita.
E’ enorme, dunque, la pubblica responsabilità di quelli che, col più disinvolto dei sorrisi, sfornano ‘‘sentenze preventive’’.
Vedremo, ancora una volta, il grado di scientificità di queste immersioni nell’animo e nelle teste dei cittadini chiamati al voto. E’ indubbiamente vero che le opinioni possono formarsi o modificarsi anche all’ultimissimo minuto prima dell’ingresso in cabina: dunque ci sono seri margini di scusabilità quando gli annunci sprofondano nell’errore. Però chi opera nell’ambito di numeri inesorabilmente fluttuanti , forse, per rispetto di lettor e ascoltatori- dovrebbe sempre affidarsi al termine ‘’sembra’’ piuttosto che all’asseverativo ‘’è’’. Tanto più che le persone interpellate – spesso telefonicamente- non sempre hanno voglia di confessare la loro verità.
Ci si muove nell’ambito del probabile. Tentando il trionfo (‘’L’avevo detto io…’’), ma anche rischiando la pessima figura. Che non sarebbe neppure l’unica.
Gianfranco Ricci