IL TERREMOTO, LA NATURA E NOI

di Maurizio Terzetti

ASSISI – E’ il vento, sono queste correnti forti e fresche che ci hanno accompagnato da qualche giorno, a essere il segno rivelatore del terremoto che c’è stato. Per lo meno noi qui, che abbiamo sentito le scosse senza avere danni, a mano a mano che si fa giorno diamo alle folate che ogni tanto spazzano l’aria il senso di una nuova scossa che sta per arrivare. Ma è solo quel mugolio del vento, sono le finestre e le porte che cigolano, qualcosa che rotola per strada, niente più. Le scosse, quelle vere, vengono dal pavimento e le senti correre, per qualche istante, come un rullio che passa sotto di te e sembra chiedere a te, così spaventato, dove andare, in che direzione imprevedibile colpire e fermarsi, almeno per un po’.
Il vento, dunque, un’esperienza gradita anche in questi giorni di fine agosto, perché ci ha permesso di mitigare notevolmente l’afa. E il vento, adesso, tristissimo messaggero di una tragedia, quasi il portavoce di quello che può essere successo sotto di noi, a pochi chilometri dai nostri piedi.
Alla prima paura succede il liberarsi del carico: si pensa ai paesi dove veramente ci sono danni e vittime, si ascoltano gli aggiornamenti, ci si prepara a un lutto dolorosissimo, da ultimo si teme ancora, specie qui ad Assisi, che non sia finita qui.
Ma soprattutto a me viene di pensare alla bellezza infinita dei Sibillini e della Valnerina, di Norcia e di Amatrice, di ognuno dei borghi colpiti e addirittura, in qualche caso, rasi al suolo. E’ il loro cuore sotterraneo, quello che nessuna guida potrà mai raccontarci, ad avere avuto una crisi. In tanto dolore, potendo solo immaginare lontanamente gli spostamenti di intere masse di pietre e grotte, di cunicoli e di picchi che sono avvenuti nel buio della terra col terremoto, mi va di pensare che quegli ambienti sono belli altrettanto quanto la loro superficie emersa – e oggi crollata a causa loro – a Norcia, ad Amatrice, ad Accumoli, ad Arquata del Tronto.
La natura è ferocemente solidale, coerente con se stessa: alle meraviglie della superficie terrestre corrisponde l’irrequietezza sottostante, la bellezza della superficie di oggi è il frutto di inquietudini millenarie corse lungo l’Appennino, proprio per portare alla luce questa meraviglia.
La natura è ferocemente solidale con se stessa. All’uomo, superata questa crisi, il compito di dimostrarsi, con la ragione e la prevenzione, altrettanto coerente nella cura dei suoi paesi.

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