LEVANTE. Considerazioni del mattino 1° OTTOBRE 1976

di Maurizio Terzetti
Compie oggi quarant’anni l’ultimo suono di campanella fatto trillare nelle scuole italiane per dare l’avvio all’anno scolastico in coincidenza con il 1° ottobre. Il 1° ottobre 1976 terminava quell’appuntamento con l’autunno, la scuola, le giornate più corte, gli orari scolastici ancora molto ridotti e provvisori fino a novembre perché, si sapesse o non si sapesse, si stava mettendo in moto un treno di riforme nella pubblica istruzione che sarebbe culminato, l’anno successivo, nel provvedimento di legge che, fra l’altro, avrebbe mandato in soffitta il 1° ottobre con tutta la carica di ricordi belli e brutti che si portava dietro.
Presidente della repubblica era Giovanni Leone, al governo ( il suo terzo) c’era Giulio Andreotti, il ministro della Pubblica Istruzione era Franco Maria Malfatti, Gaetano Stammati era ministro del Tesoro quando fu varata la legge 4 agosto 1977, n. 517, con la quale si dettavano “Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico”.
Fra queste, appunto, al Titolo III – Norme comuni, l’epocale cambio di data, che sarebbe andato in vigore dall’imminnete anno scolastico 1977-1978: “Nella scuola elementare, media e negli istituti di istruzione secondaria superiore ed artistica l’anno scolastico ha inizio il 10 settembre e termina il 9 settembre. Il periodo effettivo delle lezioni comprende almeno 215 giorni esclusi i giorni festivi. Il Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, ogni tre anni, entro il 31 dicembre, determina con suo decreto il calendario scolastico per i vari ordini di scuola fissando la data di inizio e il termine delle lezioni rispettivamente tra il 10 e il 20 settembre e tra il 10 e il 30 giugno”.
E, quasi a trovare un compromesso per il radicale cambio di data, nelle norme finali e transitorie della legge si stabiliva che, solo per il prossimo anno scolastico 1977 – 1978, l’inizio delle lezioni era fissato al 20 settembre.
Citare la legge 517 del 1977 per lo spostamento a settembre della prima campanella dell’anno scolastico, mi rendo conto, è molto riduttivo: quella legge, infatti, rimane il punto di riferimento per processi decisivi di riforma del diritto allo studio e per la “piena formazione della personalità degli alunni” con particolare riguardo agli studenti portatori di handicaps – come si scriveva allora – che oggi sono evoluti, nel bene e nel male, verso situazioni forse allora nemmeno pensabili. (E, però, sembra di sentire riecheggiare la coscienza che si aveva allora del problema scuola nelle parole con cui il Presidente Mattarella ha inugurato giusto ieri a Sondrio l’anno scolastico: mantenere il tono elevato delle intenzioni di partenza, quarant’anni dopo, è sempre cosa buona e, alla lunga, è premiante, dà purezza, cioè, anche a ciò che, a suo tempo e nel tempo, può essere stato contaminato da interessi capaci di snaturare lo spirito della legge).
Non possiamo negare, in ogni caso, che l’abolizione del 1° ottobre sia essa stessa un fatto fondamentale perché le date e le ricorrenze di qualunque tipo sono decisive per farci entrare dentro, come abitudini, norme e comportamenti che finiamo per associare sempre alla nostra storia, personale o collettiva che sia. Non si possono abolire le ricorrenze precise della storia e della spiritualità, ma quelle più che altro simboliche, sì, e questo è quanto è accaduto con l’abolizione del 1° ottobre. Non sarà caduto un mito, ma un simbolo sì, nel quale intere generazioni hanno patito e sublimato, un po’ sofferto e un po’ goduto, quel giorno in cui bisognava riprendersi i libri e lasciarsi alle spalle un bel periodo di ozio per entrare a scuola, come scrivea De Amicis, “facendo un ronzio che pareva d’entrare in un teatro”.
Quel beato ronzio del libro “Cuore”, quando il 1° ottobre è stato abolito, aveva già lasciato il posto a un vociare molto meno poetico, per non parlare della “disinvoltura” con cui ci si ritrova oggi sui banchi di scuola all’inizio dell’anno scolastico. Anche per questo, il 1° ottobre rimane un confine, la linea dietro la quale a scuola c’era una qualche armonia e dopo la quale bisogna abituarsi a una campanella dal suono dodecafonico, cioè – senza negare i grandi pregi di questa tecnica compositiva – sempre dissonante e molto, molto rumoroso.

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