LEVANTE. Considerazioni del mattino TRE MESI – O POCO PIU’ – A NATALE

di Maurizio Terzetti
Prepararsi a un festa – è risaputo – è ancora più bello che veder svanire la festa il giorno della sua celebrazione e nessun appuntamento con la tradizione più del Natale è in linea con questa considerazione.
Lo sanno bene a Gubbio, dove da ieri le maestranze del “Comitato dell’Albero più grande del mondo” hanno dato il via ai lavori di allestimento dell’immensa macchina dei sentimenti costruita sulle salite del Monte Ingino.
Passeranno tre mesi, anche per un’organizzazione rodata come quella eugubina, per poter piazzare a terra, lungo la strada e sugli alberi che portano alla cima del Monte tutto ciò che occorre per disegnare, come a mano libera su una gigantesca lavagna verde, l’Albero dei sogni natalizi di ogni bambino e di ogni adulto in vena di ripetere il miracolo della propria infanzia.
L’Albero eugubino dei primati sarà visibile per un mese, cosicché il carattere transeunte della festa potrà dirisi ammortizzato su un periodo non proprio ristretto a quello della celebrazione del Natale.
Eppure, anche vedendo così le cose, il fatto che ci vogliano tre mesi di lavoro per “fare” l’Albero mi fa apprezzare ancora di più la bellezza dei preparativi rispetto al godimento in sé della festa.
Così penso che potremmo prendere i giorni che ci separano dall’accensione dell’Albero, programmata come sempre per la vigilia dell’Immacolata, come un lungo periodo metaforico di gaia dedizione a ogni operazione capace di farci sentire, anche e soprattutto in Umbria, costruttori di qualcosa sull’esempio della squadra che a Gubbio lavora con tanto accordo.
Basta guastare i programmi altrui, basta fare dispetti alle altrui benemerenze, basta gelosie, ritrosie, impennate polemiche: lavoriamo, una volta tanto, tutti insieme per un progetto che da qui a tre mesi dovrà vedere la sua realizzazione, come l’Albero di Natale di Gubbio!
In questo senso, Gubbio, che ha dato i suoi Ceri all’emblema della Regione, può prestare anche l’icona del suo Albero di Natale più grande del mondo all’Umbria perché ne faccia il simbolo della volontà di condivisione e di cooperazione di fronte a qualunque fronte – politico, culturale, sociale, economico – si trovi aperto e sanguinante nel futuro degli Umbri.
Ognuno può riflettere su quali possano essere questi varchi aperti da offrire alla collaborazione solidale. Ognuno ne troverà così tanti da stupirsi che una regione tanto piccola possa contenere tanti dissidi e tanta divisione. Ognuno potrà chiedersi che cosa ostacola la prefigurazione di un obiettivo comune di crescita e di festa paragonabile, nella politica e nella società, all’allestimento dell’Albero di Gubbio.
Non so se le maestranze dell’Albero di Gubbio, una volta finito il loro trimestre di abnegazione solidale, siano soliti scambiarsi qualche regalo di Natale vero e proprio. In fondo – e sì che a Gubbio non sono “partaioli”! – il dono più grande, insostituibile e gradito a tutta la città se lo sono fatto lavorando insieme per tre mesi su e giù per l’Ingino, portando piccoli “ceri” profani e quotidiani come luminarie e tralicci, corde e attezzature varie di curva in curva, di bosco in bosco, di mano in mano.
È mai lecito aspettarsi il miracolo di un dono simile dalla politica umbra, dalle rissosità municipalistiche, dai tronfi trionfi di una parte sull’altra? Questo sì che sarebbe preparare un Natale all’altezza della nostra tradizione spirituale, questo sì che sarebbe un segno di amore per la terra e per la natura umbre, questo sì che sarebbe un avvento di pace!

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