L’ISOLA MAGGIORE DEL TRASIMENO E IL “TESORO” DI ANNIBALE

Franca del Monte/“Questa notte ho fatto un sogno così vivo che mi è sembrato realtà. Ero ad Isola con i pescatori. Soffiava lo scirocco, non c’era la luna: ideale per la pesca delle anguille. Ascoltavo parlare di argomenti che conosco bene: previsioni su quanto si sarebbe pescato e sul tempo. Mi sono svegliato ed affacciato d’istinto alla finestra.

Del bel sogno non c’era traccia. Nessuno parlava di “tofi” e d’anguille, nessuno si interessava alle perturbazioni atmosferiche. Lo sapevo già ma sono rimasto male. Le poche persone presenti nel paese non si interessano più di pesca e del tempo. ….domande legate ad un tempo che non potrà mai più tornare: ”Com’è andata sui tofi bassi? E su quelli alti?”. A “sognare” è Sauro Scarpocchi, isolano, velista, apprezzato operatore turistico , nel suo “Vento di scirocco”. Racconti del passato di Isola Maggiore sul Trasimeno. Un luogo unico, un’isola appunto, in questa Umbria, regione non bagnata dal mare, come ci faceva ripetere la maestra, eppure addirittura con un’isola. Piccola terra, ove il primo miracolo avvenne nel lontano 1211, quando Francesco d’Assisi vi sostò per la meditazione della quaresima. E da quell’evento, giù giù nei secoli, ne discese un convento francescano, trasformato in tempi moderni in grandioso Castello ad opera del marchese Giorgio Guglielmi, e tanti visitatori ed ospiti illustri, persino la zarina di Russia, nella grandiosità di festosi banchetti in quella favolosa cornice. Gli isolani, tutti pescatori, continuavano la dura vita di ogni giorno, stupiti e non invidiosi, il cui unico insegnamento appreso e tramandato riguardava lo scirocco, perché regalava, in autunno, le anguille nelle notti senza luna, ed a novembre i “latterini”. Oggi il castello è sbarrato, il suo percorso si ferma al piccolo cimitero, i boschi coperti da pericolose sterpaglie. Ho la pretesa di interpretare il più comune dire, secondo cui le migliaia di immigrati che ci stanno invadendo, alla ricerca di pace e sostentamento, dovrebbero pur “far qualcosa”per alleggerire così il costo che grava sulle nostre teste. Si cominci ad insegnare loro mestieri, soprattutto se trascurati. Molti di essi avranno pur visto, a casa loro, qualche specchio d’acqua ed allora, in linea con il saggio detto popolare:”se tuo figlio ha fame, non dargli un pesce ma insegnagli a pescare”, facciamo altrettanto con loro. Dal nostro specchio lacustre, cresciuto miracolosamente di livello tanto da far riaprire, dopo decenni, l’emissario, insegniamo a quei migranti come distinguere, nel vento, lo “sirocco” favorevole, presente anche nelle ninne nanne degli isolani, come ritessere o aggiustare reti, come vendere al miglior prezzo sani prodotti. Anche le anguille, o meglio “le ceche”, che, nel corso dei secoli, hanno costituito per noi buona fonte di guadagno, alla fine dell’800, con il livello dell’acqua molto alto, erano “emigrate”, arrivando nel Trasimeno dal Mar dei Sargassi, risalendo il Tevere, il Nestore, il Caina, e quindi l’emissario. A ricordarcelo sempre il buon Sauro. Si potrebbe curare meglio la ricca tradizione della pesca sportiva che, negli anni ’70, portò per decenni numerosi appassionati ad Isola per lunghi periodi di vacanza. Nei boschi, nei dirupi, negli estesi uliveti tornino mani operose a curarli e raccoglierne i frutti. E , perché no, che tornino anche i giaggioli, che rendevano unica Isola, da tempo scomparsi, perché strappati per farne unguenti. Ripeto, ho intercettato ed espresso il più comune sentire, ma quella sana, fruttuosa integrazione di cui abbiamo crescente urgenza, può passare anche attraverso certe “comuni” proposte popolari. Ogni tempo ha i suoi tesori che emergono dalle ombre del mistero. E se fosse questo il misterioso “tesoro di Annibale” che si dice nascosto tra Isola Maggiore e Minore? La nebbia, che spesso cala insidiosa sul lago, tanto da spingere il comune di Tuoro ad escludere dalla vendita ai Guglielmi il campanile della chiesa di san Francesco, perchè sempre la sua campana potesse suonare per l’orientamento, potrebbe essere così dissipata. Le iniziative anche editoriali, pur lodevoli, poco apportano alla permanenza e vivibilità del luogo. Le note dei festival musicali spingono turisti ed umbri nei battelli di navigazione per 3/4 serate, ma urge favorire la vita quotidiana, l’unica in grado di rompere quei “rosoni” di ragnatele alle finestre ed agli usci di Isola.

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