“CON IL LAVORO NON SI GIOCA”

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Le parole della politica, del lavoro e del capitale formano un cielo nuvoloso sopra la già non illuminata realtà dell’Ast di Terni. Qualche volta – e la giornata particolare di oggi, 4 settembre, può e deve essere una di quelle meno fosche per via del tavolo convocato al Ministero dello Sviluppo economico – si vorrebbe solo che tante parole diversamente ispirate potessero riaprire per un po’ quel cielo e trovare un minimo punto condiviso di pregnanza imprenditoriale e di convergenza istituzionale, integrandosi in un messaggio di fede e di speranza capace di anticipare un piano industriale, in un vero piano capace di contenere tutto il lavoro, in un lavoro capace di richiamare la politica a progetti e non a formule.
Se fossi un operaio della Thyssen mi verrebbe di parlare in questi termini. E mi piacerebbe che alle veglie di preghiera convocate da Padre Piemontese partecipassero gli uomini della politica, che le riunioni di Palazzo Cesaroni, a Perugia, vedessero tra il pubblico gli uomini di fede, che alle assemblee sindacali corressero anche gli imprenditori, che le chiuse stanze dove il capitale dialoga con la finanza in un faccia a faccia pericolosissimo fossero visitate dagli operai e dai preti, dagli uomini politici locali e dai leaders nazionali. Vorrei che ognuno, a un certo punto, si tirasse un po’ indietro e lasciasse agli operai non lo spazio di un’intervista dentro un’inchiesta sul programma nazionale d’assalto, ma tutto lo spazio e il tempo necessari a spiegare, con le loro parole, il significato e la “redditività” del loro lavoro.

Così, invece, com’è oggi, l’operaio che io fossi non potrebbe essere soddisfatto perché c’è sempre qualcuno che brucia le sue parole così come l’azienda sottrae il suo posto di lavoro. Così, in particolare, la politica locale si ostina a difendere la causa degli operai dell’Ast come se una qualche ideologia del passato avesse ancora la credibilità per essere condivisa a livello di analisi e di prassi. Ne abbiamo avuto sentore, un sentore a tratti paradossale, nell’ultimo dibattito che si è svolto in Consiglio regionale e che ha avuto come sponde il massimalismo, l’eufemismo e l’astensione. L’impressione che se ne ricava è di un’estrema, fatale indecisione non solo e non tanto per i “salvataggi” in extremis della maggioranza, ma per il lussurioso scivolare delle parole sui tempi delle scelte.

Le parole della politica locale, cioè, si attardano su una loro pesante dialettica, mentre le situazioni concrete si rincorrono a un tale ritmo di deterioramento della siderurgia ternana che a stare dietro a esse c’è il rischio concreto che non bastino nemmeno le decisioni prese a Roma e le operazioni tentate a Bruxelles. Quasi come si trattasse di un dovere d’ufficio, la massima assemblea umbra ha adottato una mozione che certo non passerà alla storia come esempio di pensosità culturale rispetto a drammi non secondari dell’economia locale. Un’ assemblea legislativa che vede avvicinarsi il traguardo del suo naturale scioglimento avrebbe, francamente, potuto dare ben di più quanto a problematizzazione politica di elementi conoscitivi ormai profondi della realtà dell’Ast.

Essa, invece, ha preferito estrarre dal dramma che si consuma a Terni alcune parole d’ordine con cui tenere in equilibrio l’asse di quelle scelte che si giocheranno, con fortuna non assicurata, altrove, fra Roma e Bruxelles. Ma forse questo giudizio è eccessivamente critico e non tiene conto della congenita limitatezza delle possibilità operative di un’assemblea regionale rispetto a componenti economiche e finanziarie di portata globale e, soprattutto, epocale. Siamo davvero, crisi a parte, alle soglie di una trasformazione radicale dei mezzi di produzione che non riguarda più solo lo spazio globale della sua applicazione ma i tempi stessi della sua irreversibile attuazione. E su questa prospettiva filosofica sarebbe ingeneroso chiedere trattati di ermeneutica a un’assise che deve limitarsi a interpretare e guidare le comunità locali verso il migliore benessere possibile. Ciò, però, va chiesto, tanto a chi pronuncia massimalismi, tanto a chi è maestro in eufemismi e in “giuridicese” progressista, tanto a chi si astiene.

“Con il lavoro non si gioca” – ha ammonito Papa Francesco parlando della situazione delle “persone” di Terni. E questo monito ha molti destinatari, ognuno, naturalmente, secondo il suo ruolo nella partita dell’Ast, ma anche, probabilmente, secondo i conti che può fare con la propria coscienza di amministratore, di sindacalista, di imprenditore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.