IL PARADISO TERRESTRE DELLA CULTURA

NOSTRADAMUS/L’estate congelata dalla meteorologia e dai terremoti amministrativi avvenuti nei Comuni umbri lascia spazio a dibattiti di non poco conto rispetto al terreno di un tema spesso usato e abusato oltre la reale produzione di eventi culturali. Se il difetto è stato spesso di teorizzare più che di mettere in pratica o, peggio, di mettere in pratica teorizzando, questa volta, in questa metà d’estate che insegue il caldo come il pubblico le arene estive (caldo e arene sono latitanti), c’è tutto il tempo e lo spazio giornalistico per riflettere sui massimi sistemi e sulla minima opportunità che essi hanno di sopravvivere.
Nostradamus non ha doglianze da fare, a modo suo si era posto il problema culturale che si sta dibattendo quando, negli articoli della settimana scorsa, ha cominciato a girare per i Comuni umbri – senza distinzione fra i grandi e i piccoli – descrivendo e analizzando quest’estate anomala, paralizzata, quanto agli eventi, anche dai cambi di amministrazione avvenuti a giugno: sono usciti articoli su Perugia e su Villa Fidelia, se ne può annunciare uno su Spoleto per i prossimi giorni.
Oggi, volendo andare anche lui più sul teorico, Nostradamus ritiene che parlare degli eventi culturali, specie quelli estivi, intendendo tutta la cultura significa stare sul piano della “rimozione” di qualcosa.

Quel qualcosa è la “promozione”, cioè l'impulso culturale, umanistico e scientifico, al quale, in ogni territorio è demandato il lavoro di Università, Centri di studio e ricerca, Istituti di alta formazione. La spinta degli studi verso un obiettivo di consistenza culturale avviene – o dovrebbe avvenire – a questo livello con un grado crescente di scelta e specializzazione. Tutto ciò che – le istituzioni politiche, le associazioni, le realtà amministrative – circoscrive il confine scientifico e cattedratico ha un ruolo di “commozione”, deve cioè a far muovere in maniera armonica e coordinata il sapere verso il piacere di stare in una comunità e poter godere di arte e letteratura, di scienza e di cinema. Ogni volta che i ruoli non sono rispettati o che sono confusi arbitrariamente (da un punto di vista fisiologico, invece, la politica e l'amministrazione possono supplire a eventuali deficienze del sapere cattedratico, incentivando le forze libere e creative delle quali dispongono, e l'Università, a sua volta, può bacchettare con forza le istituzioni se esse non si muovono abbastanza dietro le loro acquisizioni) siamo di fronte a una “rimozione” - come si diceva sopra – e il sistema culturale di una comunità si trova in crisi. In genere, qui le responsabilità non si ammettono e si preferisce dare la colpa alla mancanza di risorse e al pessimo sistema di accoglienza dei Musei, a cattive operazioni di marketing, a improvvidi rapporti fra pubblico e privato, al governo nazionale e alle Regioni. Lo stesso vale per le vie d'uscita che si pensa di indicare come praticabili: a parte i proclami, cominciano le rincorse all'accaparramento dei fondi comunitari, si tirano le giacchette agli sponsor, ci si inventa le proposte più strampalate pur di dimostrare che, a dispetto di tutto, la cultura non si ferma.
Pietose bugie, malcelati inganni, rimozioni vere, piagnistei sempre meno credibili. Nostradamus ritiene che è il modello di lavoro culturale che va fissato prima di tutto. Per lui, esso corrisponde a quello illustrato sopra, per altri può strutturarsi diversamente, ma è solo a partire da questo livello di confronto che potremo riprendere a parlare integralmente della produzione e dell'uso di cultura nella nostre comunità, a vantaggio indistintamente di residenti e dei loro ospiti. Siamo tutti orfani di un Paradiso terrestre e ogni nostro tentativo di fare cultura indica e denota, in fin dei conti, un movimento di risalita verso quell'Eden, in un processo di avvicinamento che ci lascia sempre distanti da esso anche se, quando è ben riuscito e condiviso, la sensazione di esserci avvicinati a quella luminosa regione ci rimane nel cuore.
Mentre, però, produciamo cultura, preferiamo tornare a consumare quella che abbiamo ereditato da produzioni precedenti. Su questo non si possono fustigare i costumi di ognuno di noi, perché cos'altro prediligiamo – pressoché tutti - se non una mostra con opere dei secoli passati, andare ad ascoltare un concerto senza mezzi termini classico, assistere a un récital di poeti dai versi molto rifiniti? E non leghiamo queste opzioni al piacere di apprezzare tutto ciò in luoghi inequivoci, per bellezza naturalistica e per architettura, sotto tutti gli aspetti?
Abbiamo, allora, il coraggio di ripartire da qui, di puntare, Comune per Comune, su queste priorità, favorendo grandi eventi ma non disprezzando idee che si possono organizzare con pochi mezzi e sicuro effetto e possono riguardare anche la nostra contemporaneità in ogni campo. I Comuni devono commuovere fino in fondo, la Regione deve fare altrettanto: questo lavoro è nobile ed elevato quanto quello della promozione universitaria, specie se lega le iniziative in reti percorribili, in percorsi della memoria. L'importante è non rimuovere: perché, ad esempio, tutta l'acropoli perugina, dalle scale mobili al Colle del Sole, non riesce a divenire un unico grande sistema culturale? Perché Villa Fidelia non riesce a diventare quel grande Museo con Parco annesso che fa da centro per tutta la regione? Perché l'estate spoletina non si merita un regista come quello trovato, con successo, per il Festival? Perché i titoli di molti progetti se non si scrivono in inglese non hanno una patente poetica? Scoprirà, Nostradamus, molti altri interrogativi come questi e cercherà di dire che, davvero, obiettivi come i sopra detti, ora rimossi, possono connotare grandi intese culturali fra forze politiche l'una all'altra opposta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.