Spiritualità della città
“Una cittànon è disegnata, semplicemente si fa da sola. Basta ascoltarla, perché la città è il riflesso di tante storie. (R. Piano)”. Così una frase che appare nella brochure del programma della “IX Festa Scienza Filosofia” svoltasi lo scarso mese a Foligno. Un’affermazione che evoca la città come comunità di persone, che vivono, che parlano e che quindi vanno “ascoltate”.
Le città vanno ascoltate. E quella dell’ascolto evoca una delle linee, la prima per me, che configurano una sorta di spiritualità della città e della politica, sul cui significato continuo a soffermarmi. Spiritualità della città che implica una spiritualità della politica, vissuta come passione per costruire la polis, per ritrovare il senso profondo delle attività umane nell’orizzonte della costruzione della più profonda coesione di una comunità di cittadini, di una convivenza comune.
Questa riflessione appare particolarmente appropriata in questa fase elettoralein cui i candidati sindaci delle varie forze politiche in competizione, anche in alcune città dell’Umbria, stanno facendo conoscere i loro programmi. Programmi di cose da fare o da correggere, di progetti di sviluppo dal punto di vista urbanistico, economico e sociale della città. Tutto necessario. Che però dovrebbe essere accompagnato da una linea di“spiritualità”, che vada “oltre”questi progetti, senza distaccarsene ma arricchendoli di un di più di motivazioni.
Riflettere in termini di “spiritualità”,in questo caso, non significa connettersi necessariamente ad una visione legata a tradizioni religiose o alla fede cristiana in particolare. Ma riferirsi ad una linea di apertura che pone al centro un’attenzione alle attese più profonde delle persone, oltre un orizzonte puramente materiale.
Una linea di apertura della vita dei singoli e di una comunità segnata dall’attenzione e dalla cura all’altro. Una linea che rifiuta un modello di società in cui tutto diviene oggetto di consumo nonché forme di vita dominata dal criterio dell’utile di un individuo senza relazioni.
Ciò precisato, mi sembra più agevole comprendere il significato di quella prima linea dispiritualità dell’ascoltoe dell’attenzionecui ho fatto riferimento in precedenza. Declinando, c’è un ascolto della storia in generale per una memoria da preservare (non possiamo, ad esempio, all’interno della storia d’Europa e mondiale dimenticare quello che è stato Auschwitz o come è nata la Costituzione italiana). Come c’è una storia della nostra città da non dimenticare, quella di una città martoriata dalla guerra e del contributo di tanti suoi giovani alla resistenza, diversi dei quali pagarono con il sangue. Si tratta, in termini attuali, di porre attenzione all’altro, alla sua fragilità o al suo spaesamento come per l’immigrato, e di ascoltare la sua storia.
Una seconda linea, che può collegarsi alla prima, è quella della spiritualità della cura. La cura dell’essere presenti dove ci sono le maggiori criticità, nelle persone sofferenti che non trovano sufficiente sollievo o nei territori della periferia che possono trovarsi in situazioni di abbandono per carenza di servizi essenziali.
La terza lineaè quella della spiritualità dell’ospitalità. Si tratta di ripensare, non solo il dare, ma anche il ricevere ospitalità, mettendoci nell’attitudine di chi riceve qualche cosa dall’altro. Una capacità, oggi, di riconoscere quello che si ha da accogliere dalla storia delle persone che “sbarcano” nella nostra terra, nella nostra città, con lingue diverse, culture diverse. C’è l’esigenza del continuo rapporto con l’altro, in cui si riconosce la diversità ma si cerca di gettare ponti, relazioni.
L’ultima linea della spiritualità della città è quelladell’ oltre,quelladella politicacioè della speranzadi cui oggi in particolare c’è bisogno: oltre l’interesse particolare e personale, una spiritualità del bene comune;oltreil consumo, una spiritualità del limite; oltrel’iniquità, una spiritualità di critica all’iniquità; oltrel’individualismo del presente, una spiritualità dell’attenzione a coloro che verranno, le generazioni future, i più giovani, quelli che ancora non ci sono; oltrela dittatura dell’economia finanziaria, la dimensione dell’attenzione al lavoro, all’opera dell’uomo; oltreil degrado ambientale e la cultura dello scarto, la spiritualità del senso umano dell’ecologia.
Alvaro Bucci