I LIMITI DELLA POLITICA IDENTITARIA

di Pierluigi Castellani

L’affossamento del DDL Zan sull’omotransfobia ha evidenziato ancora una volta come in un quadro politico frammentato come quello italiano con una ricchezza di culture politiche,  con origini anche storiche, è difficile che un singolo partito o un singolo schieramento possa ottenere dei risultati arroccandosi a difesa di singoli provvedimenti considerati caratterizzanti la propria identità. Credo che questo sia avvenuto al Senato con il voto segreto a favore della cosiddetta tagliola presentata dalla destra di Salvini e Meloni. Certo c’è da stigmatizzare il fatto che una classe politica si nasconda dietro il paravento del voto segreto per sottrarsi alla trasparenza che dovrebbero invece  avere tutti gli atti parlamentari. Adesso c’è la ricerca dei cosiddetti franchi tiratori la cui appartenenza politica è comunque difficile da individuare. Ma una volta denunciato che la destra ha impedito al paese di avere una legge di civiltà a difesa dei diritti di tutti il centrosinistra ed in particolare il PD non possono non chiedersi se siano stati commessi degli errori. Credo che a questa domanda la risposta non possa che essere affermativa. Il segretario Letta ha certamente voluto, affermando all’inizio di voler approvare il disegno di legge così come era uscito dalla Camera dei Deputati, caratterizzare l’identità del proprio partito sul versante dell’ampliamento dei diritti non tenendo sufficientemente conto che al Senato il centrosinistra ha pochi voti in più del centrodestra e che nell’opinione pubblica si sia nel frattempo alimentato un dibattito introno al DDL Zan, che ha  suscitato, non dimentichiamo, le riserve del Vaticano contenute nella nota informale fatta pervenire al governo da parte della Segreteria di Stato. C’è stata, di sicuro, anche una sottovalutazione dell’influenza che la Chiesa Cattolica può avere ancora  sulla politica italiana. E’ pur vero che sul piano elettorale non siamo più al 1948, ma credo che ancora nella formazione dell’opinione pubblica il pensiero della Chiesa abbia un proprio peso. Ed allora in considerazione di tutto questo perché Letta si è deciso di aderire alla richiesta di una trattativa per la ricerca di una mediazione all’ultimo momento quando la trappola parlamentare della destra era già stata ordita da tempo? Su questo ed altre cose il PD ed anche i 5Stelle e Leu dovranno interrogarsi al proprio interno. Eppure c’era stato il richiamo di Romano Prodi quando ha detto che i diritti non bastano a caratterizzare una politica vincente nel paese esprimendo la necessità per il centrosinistra di  un progetto politico più ampio con una maggiore attenzione alle questioni fondamentali che oggi interessano i cittadini quali il lavoro, la salute, la sicurezza, la lotta alle diseguaglianze, una politica industriale , che si affacci anche sul futuro del paese. Credo che ci sia anche un altro rischio da evitare. Ora nelle prime dichiarazioni di esponenti dei favorevoli al DDL Zan viene detto che la politica è più indietro rispetto al paese e che i partiti non hanno capito che l’opinione pubblica è più attenta alle questioni oggetto della proposta Zan. Siamo sicuri che sia proprio così o non si corre ancora il rischio di limitarsi al pensiero delle cosiddette zone ZT delle grandi città quando nelle periferie si vivono altre storie che non vengono ascoltate? Non saprei dare una risposta perché ci vorrebbe un serio sondaggio sull’argomento. Ma è evidente che una riflessione su questi temi vada fatta dal PD e dai suoi alleati per ripensare, forse più modestamente, ad una politica che non si basi solo sulla difesa della propria identità, ma che tenga conto della lezione di Aldo Moro, che pensava alla politica come alta e rigorosa mediazione, come un lungo processo da pazientemente coltivare ed indirizzare.