I PARTITI E IL RITORNO ALLA POLITICA

di Pierluigi Castellani

Il 24 gennaio i parlamentari ed i rappresentanti regionali saranno chiamati ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Questo avvio formale per dare al paese un nuovo Capo dello Stato, che possa essere all’altezza dell’impareggiabile settennato di Sergio Mattarella, ha dato il via all’infittirsi di tante previsioni, alcune anche improbabili. ed ad un intenso lavorio dei partiti per giungere ad una positiva soluzione del problema politico più importante di questo avvio di nuovo anno. Sono molte le esternazioni con le quali tutti auspicano una soluzione largamente condivisa per evitare anche lo spettacolo di una politica impotente, che costringe i grandi elettori a continue votazioni a vuoto,  allargando così la frattura tra cittadini e la politica evidenziata dalla scarsa affluenza alle urne. C’è però qualcosa che desta una qualche inquietudine. Si parla da parte di alcuni di un ritorno alla politica quasi che il governo Draghi rappresenti una parentesi nella vita democratica del paese. Questa desiderio di tornare a fare politica nasconde la voglia, da parte di qualche dirigente, di tornare a contare, di tornare a dare le carte in una partita che li avrebbe costretti a rimanere spettatori. Destano inquietudine ad esempio le parole di Massimo D’Alema quando esprime contrarietà al trasferimento di Draghi al Quirinale assicurando continuità all’opera del governo con l’insediare a Palazzo Chigi una personalità espressione della medesima riserva di “civil servant” da cui lo stesso Draghi proviene. Questo significa voler tornare alla politica, considerando il governo di Mario Draghi poco più che un accidente? Non è politica aver recuperato per l’Italia un ruolo importante in Europa ed aver approntato un PNNR apprezzato ed approvato dalla Commissione Europea? E come D’Alema ci sono altri che la pensano allo stesso modo se si dà uno sguardo ai tanti leader, o presunti tali, che si stanno muovendo nell’ombra, con disegni non ben chiari, nella cosiddetta partita per il Quirinale. Con Draghi a Palazzo Chigi non solo si sta affrontando con energia l’emergenza sanitaria che tutt’ora incombe, ma si è anche dimostrato come la politica democratica possa essere una politica del fare e non soltanto quella della continua discussione senza sbocchi. Certamente la maggioranza che sostiene il governo è anomala, ma è anche anomala ed eccezionale la situazione emergenziale in cui si trova l’Italia, che, non dimentichiamolo, sta finalmente dando segnali di ripresa economica migliore degli altri paesi europei, compresa la Germania. Ed allora se la politica, quella che pensa più al bene comune anziché agli interessi di bottega, trovasse opportuno avere Draghi al Quirinale con un sostegno molto largo e nello stesso tempo  ritenesse necessario dare continuità al governo ed alla legislatura fino alla scadenza naturale dov’è lo scandalo? Non dimostrerebbero in questo modo le forze politiche di fare politica, quella con la P maiuscola, che persegue gli interessi generali del paese? Questo naturalmente non significa che la partita per il Colle debba avere questa scontata soluzione. Anche un’altra figura, con un largo consenso, sarebbe senz’altro degna di ricoprire la carica di Capo dello Stato, dando così  la possibilità a Mario Draghi di continuare ad impegnarsi per il paese. Non mancano in Italia figure, di estrazione politica e non, che potrebbero ricoprire con dignità e la necessaria terzietà l’incarico di Presidente della Repubblica e confidiamo che le forze politiche siano comunque capaci di giungere ad un risultato all’altezza della situazione in cui ci troviamo. Quindi non un ritorno alla politica, ma continuare a fare politica, così come è avvenuta fino ad ora, nell’interesse del paese.