SENATO, ULTIMA PROVINCIA

Nostradamus/Ciò che sta accadendo in Parlamento, tra Parlamento e Governo, sulla riforma del Senato ricorda molto da vicino i termini del dibattito che ha portato all’abolizione dei Consigli provinciali. La linea governativa vuole fare correttamente del Senato un organismo assembleare di secondo livello, promosso e costituito dai grandi elettori regionali, così come il nuovo ente intermedio locale di area vasta sta per essere eletto con votazioni di secondo livello, sarà cioè promosso dai grandi elettori comunali.
Nella versione che ne danno i frondisti, a me la cosa non torna proprio e una di queste sere, dopo il telegiornale, ne ho parlato per qualche minuto con il mio amico che torna, da Lodi, a passare i mesi estivi sulla collina di Perugia, in una villetta a confine col mio giardino.
Entrambi, dunque, ci siamo chiesti: “Come mai la riforma della Provincia non ha scatenato, nei parlamentari, e specie nei frondisti, le pruderie di rappresentanza eletta direttamente dal popolo che sta invece alimentando l’opposizione alla volontà riformatrice del Governo sul Senato?” Il principio – ci siamo detti – dovrebbe essere lo stesso, ma il disinteresse nel caso delle Province e la tanta retorica nel caso del Senato – quando del popolo che va o non va a votare sempre si tratta - sono veramente divaricazioni disgustose di valutazione politica che volentieri vorremmo vederci chiarite dai Chiti e dai Mineo, come pure dai Minzolini e dai suoi soci in Forza Italia. Sappiamo benissimo, io e il mio amico che vive a Lodi, che la retorica sul Senato è speciosa: serve a coprire, con le migliaia di emendamenti di agosto, il vero braccio di ferro sulla definitiva composizione numerica delle due Camere che sta mettendo tutti contro tutti, in un fuoco incrociato di pericolosi giochetti proibiti; sappiamo che vuol essere, alla fin fine, solo un problema in più sul cammino di Renzi (ma Renzi sta dimostrando che quando si batte per una causa sa come districarsi dalle inisidie, posto che quelle della ormai sparuta-sparita minoranza del Pd possano costituire un’insidia). Scrive Eutropio che “i senatori erano chiamati anche padri perché sia nella prosperità sia nelle avversità erano considerati custodi e difensori della repubblica”. Ecco, io e il mio amico, guardandoci negli occhi, mentre ci tornavano nelle orecchie i toni dei frondisti, ci siamo sentiti veramente privi di un padre alla latina, orfani dell’onestà, abbandonati dal poco pudore altrui e abbiamo convenuto che, per i frondisti, il Senato è un po’ come l’ultima Provincia: un lutto non elaborato, uno spettro che materializza l’angoscia di arrivare al declassamento di personale politico che, conosciuto e meno Eutropio, si è sempre sentito “padre” della Patria. Ma de che? Ma de chi?

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