Allarme medici internisti dell’Umbria: così a rischio l’assistenza. Situazione ingestibile

Quasi il 100% delle medicine interne degli ospedali dell’Umbria è attualmente in overbooking e tutti denunciano carenze croniche di personale: è quanto emerge dai dati del sondaggio condotto tra marzo ed aprile dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi). Il 71% dei reparti presenta un tasso di occupazione dei posti letto oltre il 100%. Nelle medicine interne quasi il 100% va appunto in overbooking, con oltre il 100% dei letti occupati. “Pochi letti, ancor meno personale, ma la situazione – secondo Fadoi – potrebbe essere un pò più gestibile se si potessero evitare ricoveri impropri, quello frutto di una difficoltà di presa in carico dei servizi territoriali, centrati in larga parte sulla rete degli studi dei medici di famiglia, anche loro sempre meno numerosi e con un numero in eccesso di pazienti da dover seguire. Mediamente un ricovero su quattro poteva essere evitato con una rete di assistenza territoriale più adeguata”. Discorso analogo per la mancata prevenzione. Stili di vita scorretti, bassa aderenza agli screening, scarse coperture vaccinali, unite al più basso finanziamento pubblico d’Europa per la prevenzione, fatto è che a causa di tutto ciò ameno un quarto degli assistiti finisce in ospedale, quando avrebbe potuto evitarlo. “Resta la situazione critica della sanità umbra: – commenta Marco Giuliani, presidente regionale Fadoi Umbria –  reparti di medicina interna sovraffollati, personale insufficiente e un quarto di ricoveri evitabili. E’ indispensabile accelerare sulla riforma della sanità territoriale, rafforzare l’organico e investire seriamente nella prevenzione. Senza interventi urgenti, il rischio è un progressivo peggioramento dell’assistenza ai cittadini”. Se su quel che precede e dovrebbe evitare molti ricoveri la sanità ancora arranca, altrettanto non si può dire per chi viene dimesso. Qui la percentuale di chi va a casa ma con l’assistenza domiciliare integrata attivata è al 50%, mentre un’altra metà va in una Rsa. Tra i medici umbri emerge un mix di speranza e scetticismo rispetto all’operatività delle nuove Case d comunità, che dovrebbero aprire i battenti entro giugno 2026.  Strutture che rappresentano una sorta di maxi ambulatori dove dovrebbero lavorare i team medici di famiglia, specialisti ambulatoriali delle Asl e altri professionisti della salute. Strutture dove, oltre ad essere visitati, gli assistiti dovrebbero pure eseguire accertamenti diagnostici di primo livelli, come Ecg o ecografie. Per il 25% dei medici le nuove Case di comunità potranno effettivamente ridurre il numero dei ricoveri, “ma bisognerà vedere come verranno realizzate”. Simile la risposta fornita dai medici rispetto agli ospedali di comunità a gestione infermieristica, ai quali spetterebbe il compito di agevolare le dimissioni da reparti, prendendo in carico quei pazienti che non hanno più bisogno dell’ospedale vero e proprio, ma che nemmeno sono nelle condizioni di tornare casa. Per il 75% dei medici ,invece, nessun beneficio arriverà dalle Case di comunità, così come non vede miglioramenti all’orizzonte derivanti dagli ospedali di comunità.