Le imprese sotto il lockdown, chi perde e chi guadagna. Chi lotta per sopravvivere e chi va a gonfie vele.

Come succede sempre nelle grandi crisi, c ‘ è  chi prova a sopravvivere e chi va a gonfie vele. Purtroppo è sempre così, chi è debole resta ancora più  debole e chi è forte diventa ancora piu forte. Secondo il Fondo Monetario  internazionale il Pil 2020 dell’ Italia crollerà del 9,1%, il peggiore dalla seconda guerra mondiale. Secondo l ‘ Istat in Italia sono rimaste ferme metà delle imprese, il 49% del totale, ovvero 2,2 milioni, che danno lavoro a 7,4 milioni di persone. Per quanto riguarda l ‘altra metà  sono rimaste aperte 2,3 milioni di imprese, con 9,3 milioni di addetti di cui 6,8 milioni dipendenti. Oltre al personale sanitario , quasi 2 milioni, e gli addetti  ai servizi alle famiglie ( circa 730mila) , chi ha potuto continuare l ‘ attività  sono stati gli addetti alla logistica, bancari, assicuratori, dipendenti della pubblica amministrazione, insegnanti. Solo un quinto è  rimasto al lavoro nel settore alberghi. Altre aziende sono state autorizzate a lavorare in deroga perché  producono beni funzionali ai settori essenziali , come i produttori di componenti che servono all’ industria medicale. Ma nella crisi che ha fermato metà delle imprese ci sono aziende che stanno andando a gonfie vele. Secondo confcommercio il comparto alimentare ha registrato un + 9,6%, perché  le famiglie hanno mangiato di più a casa e hanno fatto scorte di cibo; + 4% la vendita di prodotti farmaceutici  e terapeutici; più  8% i servizi di telecomunicazione, visto che internet è  l ‘unico strumento che consente di lavorare da casa. Non è  detto comunque che  questi dati resteranno così tutto l ‘ anno, a livello di ricavi sicuramente cresceranno la farmaceutica, la sanità  e l ‘assistenza sociale, dato che ci sarà  una domanda sempre più  forte di farmaci e di dispositivi di protezione individuale e prodotti per l ‘ igiene  e la casa. Anche le vendite di di notebook e i piccoli elettrodomestici, come quelli per il trattamento dell’aria, potrebbero ricavare qualche beneficio. Tutto il resto subirà tracolli. Dai viaggi per turismo, il settore dello spettacolo, delle attività  ricreative, la cura della persona, l ‘ automobile, l ‘ abbigliamento, e altre attività come la ristorazione e bar. Alcuni economisti, come quelli di Prometeia, calcolano che tre aziende su quattro hanno liquidità  per meno di tre mesi. Questa considerazione è un vero campanello d ‘ allarme, vuol dire che queste aziende non riusciranno a salvarsi se l ‘ aiuto dello Stato non arriverà  nelle loro tasche entro fine maggio. Ma da questo punto di vista sarà  fondamentale una vera disponibilità,  ad oggi ancora non troppo evidente, delle banche. Tutti numeri e considerazioni che valgono ancora di più per le imprese umbre. Basta pensare alla meccanica compresa quella aereospaziale ( Foligno e non solo ),  alle tante imprese di qualità  del mobile ( alta Valle del Tevere), alle imprese del turismo , a quelle dello spettacolo, ai negozi di prodotti tipici e tante altre attività.  L’ elenco sarebbe lungo, quello che è  certo che quando a fine maggio molte di queste attività riapriranno non troveranno i consumatori in attesa di fare acquisti. Il rischio che le aziende umbre correranno è  quello di aver perso definitivamente la domanda cumulata di beni e servizi  durante il lockdown.