Ospedale di Perugia e virus mutato, tensione tra i vertici della sanità. Le misure non prese e quelle decise ora

Non è sicuramente un bel momento per la giunta regionale, non solo per le severe critiche avanzate da una componente di maggioranza. E’ stato Franco Zaffini, senatore e segretario regionale di Fdi ,  a denunciare il “grave ritardo” sulla gestione della pandemia, con i sindaci umbri “usati come scudi umani nella emergenza”. Le parole di Zaffini, poi quelle di Squarta e Pace, annunciavano in anticipo quello che poi sarebbe successo: la stragrande maggioranza dei comuni finiti in zona rossa. In queste ore sono in molti a pensare che qualcosa non sia andata per il verso giusto. C’è chi parla di tensione alta a Palazzo Donini, di confronto aspro tra la Tesei e i vertici della sanità umbra.  Anche oggi è stata una giornata lunghissima al Santa Maria della Misericordia con i ricoveri che sono aumentati di molto (26 nelle ultime ore) ed hanno raggiunto quota 484, di cui 73 sono pazienti trattati in terapia intensiva. C’è chi parla di clima infuocato tra la Tesei e Giannico, chi racconta di un Luca Coletto defilato e chi mette in discussione le scelte degli ultimi mesi del direttore regionale Claudio Dario. Fatto sta che il clima che si respira tra  Broletto, Santa Andrea delle Fratte e Palazzo Donini non è dei migliori. L’ultima riunione , secondo i rumors, si sarebbe svolta in un clima rovente . Del resto i focolai del Santa Maria della Misericordia , la mutazione brasiliana e i sette cluster nei reparti bianchi dello stesso Silvestrini rappresentano un macigno pesante sul sistema sanitario regionale. Adesso c’è però una priorità assoluta: individuare in fretta e isolare i possibili contagi. Nel frattempo sono state decise alcune misure urgenti: niente assistenza ai ricoverati da parte di estranei nemmeno congiunti; ingressi di fatto bloccati; mascherine Ffp2 ai sanitari e chirurgiche ai pazienti dei reparti no Covid; blocco di interventi chirurgici non urgentissimi; interruzione di tutte le attività ambulatoriali; raddoppio dei tamponi agli operatori sanitari. Misure che potevano essere prese prima. Sarebbe stato necessario fare ovunque percorsi separati, fin dall’ingresso, in modo da mettere in sicurezza tutti. La creazione di percorsi differenziati per i casi sospetti da Covid e per quelli non Covid avrebbe garantito non solo la massima sicurezza, ma anche l’efficienza di una organizzazione ospedaliera all’avanguardia. Percorsi separati non solo al Pronto soccorso ma anche negli spazi dove si fanno gli esami diagnostici, per accedere ai reparti e , nello stesso tempo,  aree separate all’interno della struttura ospedaliera, rese ben distinte e autonome. Si sarebbe dovuto realizzare tutto durante i mesi estivi per farsi trovare pronti all’arrivo della seconda ondata . L’obiettivo doveva essere – come è avvenuto in altri ospedali del Paese – quello di procedere con un ampliamento degli spazi e una maggiore separazione fisica, anche attraverso modifiche strutturali e di organizzazione. Inoltre sarebbe stato necessario rivedere concretamente le modalità di accesso, consentire le prenotazioni solo telefonicamente o online e fare i tamponi al personale sanitario più di una volta la settimana. Così come sarebbe stato necessario, ad esempio, chiudere il bar interno all’Ospedale. Al Santa Maria della Misericordia chi entra come paziente è sottoposto al tampone molecolare  ma può succedere che il paziente negativo all’ingresso incubava il virus e così soltanto al momento dell’uscita ci si accorge che è diventato positivo. Stesso ragionamento vale per gli operatori sanitari che venivano controllati – fino a poco fa –  una volta alla settimana ( ora finalmente due) . Adesso ci troviamo costretti a vivere di nuovo blindati, con la maggior parte del territorio umbro in zona rossa. Nella nostra regione ci sono entrambe le varianti inglese e brasiliana che quasi sicuramente circolavano  da tempo.