Quirinale, la corsa di Marco Squarta e i patti disattesi: meno voti di Paparelli
E’ uscito con la faccia scura Marco Squarta, presidente del Consiglio regionale dell’Umbria, dall’aula di Palazzo Cesaroni. Era da poco terminato lo scrutinio per l’elezione dei tre delegati dell’Umbria che parteciperanno al voto per il nuovo Presidente della Repubblica. Dal bussolotto sono uscite 19 schede: sette per la presidente Tesei, sei per il democratico Fabio Paparelli e soltanto cinque per l’esponente di Fratelli d’Italia. Eppure, secondo i soliti ben informati, l’accordo tra le forze di maggioranza prevedeva che i due presidenti (Tesei e Squarta) ne uscissero alla pari o quasi, voto in più voto in meno. Invece, è successo quello che alcuni temevano o auspicavano. La storia è sempre la stessa, si ripete a ogni voto segreto. Sembra che la prima volta che si parlò di franchi tiratori fosse alla fine del settecento, negli anni della Rivoluzione francese, in riferimento a piccoli gruppi di fanteria che combattevano una sorta di guerriglia autonoma dagli ordini o dai piani a cui doveva invece sottostare l’esercito regolare. Probabilmente anche oggi in Consiglio Regionale, tra le fila del centrodestra, c’è chi si è mimetizzato e ha agito nella penombra. Potrebbe essere stato chiunque, compreso quel consigliere che si è avvicinato a Squarta, poco prima di votare, con una pacca sulle spalle. Squarta però può consolarsi: a Roma comunque ci andrà, sia pure con meno voti di Paparelli ( e questo per un presidente del Consiglio non è onestamente il massimo). Poi, a dirla tutta, piaccia o meno, non è il primo e non sarà l’ultimo nella storia politica italiana ad essere vittima di qualche “voltagabbana”. A lui alla fine è andata bene, ad altri politici – molto più noti del buon Squarta – è andata assai peggio. Basta pensare ai centouno che nel 2013 fecero fuori Romano Prodi, dopo gli ottanta che nel 1992 accopparono Arnaldo Forlani, dopo i sessanta su cui nel 1971 inciampò Amintore Fanfani. Avrà modo di rinfrancarsi quando starà a Roma quando noterà dal vivo “liberi pensatori” che, come iene nella savana, scatteranno in azione, con tanti “peones” preoccupati soprattutto della durata del governo e della legislatura. Alla fine, comunque, in cuor suo Squarta è contento perché ” ci sono cose che ti accompagnano tutta la vita e ti sembra quasi di non riuscire neanche a desiderarle per quanto ti appaiano grandi e irraggiungibili”. Tanto più, aggiunge Squarta, che fino a ieri ” guardavo sul telegiornale l’Aula di Montecitorio”. L’ultimo pensiero è rivolto al Paese: ” Ci sarò a nome di tutte quelle persone che, come me, credono nella grandezza del nostro Paese e mettono tutto il proprio impegno per renderlo ancora più grande”.
Ps – Chi è il Consigliere Regionale che ha preferito votare il collega Valerio Mancini piuttosto che il presidente Marco Squarta ? Un malpancista sicuramente.