Vittime Covid, in Umbria 1.187 morti: 50 ogni settimana. Sacrificio enorme e percezione bassa del rischio

Oggi è la prima celebrazione della Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, appena approvata dal Parlamento, per la quale Palazzo Chigi ha disposto l’esposizione a mezz’asta delle bandiere nazionale ed europea in tutti gli edifici pubblici del Paese.  Stamattina il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha partecipato all’inaugurazione del Bosco della memoria a Bergamo, la città più colpita dalla prima ondata della pandemia. Il Presidente Draghi ha preso la parola per garantire che ” non accadrà  più che le persone fragili non vengano assistite e protette. Solo così il luogo della memoria sarà il simbolo del nostro riscatto”. In Umbria il presidente della provincia di Perugia e Sindaco di Città di Castello Luciano Bacchetta, con la fascia tricolore, ha osservato un minuto di raccoglimento davanti al palazzo comunale per celebrare proprio la Giornata dedicata alle vittime del Covid. In Umbria la situazione è pesante: sono 1.187 le vittime Covid fino ad oggi. Un sacrifico enorme. Purtroppo nella nostra Regione i decessi non diminuiscono : ne registriamo circa 50 ogni settimana. ” Un numero decisamente consistente”, riconosce la dottoressa Carla Bietta. Ma c’è una cosa in più in questa nuova fase di pandemia che la stessa Bietta confessa con una certa amarezza: ” All’inizio eravamo tutti più spaventati mentre ora forse, ed è amaro constatarlo, ci siamo un pò abituati ai decessi, ai bollettini dei ricoveri”. Una considerazione sincera e condivisibile , che crea rabbia e sdegno. ” In alcune categorie – afferma sempre la Bietta – c’è una sottovalutazione, una percezione più bassa del rischio. Di fronte ad una persona che ti dice che nei 14 giorni precedenti non ha incontrato nessuno, nonostante lavori, qualche dubbio viene. La stanchezza di chi si sente limitato nelle proprie libertà sta emergendo sempre di più, al pari di una divisione fra due gruppi: chi tende a sminuire e chi mantiene una soglia di attenzione, di preoccupazione”. Poi c’è un’altra riflessione che fa riferimento ad uno stato d’animo della popolazione. ” Nella terza fase della pandemia – sottolinea la dottoressa Carla Bietta –  a volte i cittadini negano il problema Covid. C’è una minore collaborazione, in parte comprensibile, e ciò porta con sé difficoltà nel tracciamento ed un sommerso di contagi che non è facile diagnosticare e individuare. Tutto questo unito alla presenza di varianti e al fatto che nei giovani la patologia spesso non viene riconosciuta, produce una elevata circolazione del virus”.

Nella foto il dottor Fausto Fiorini, una delle ultime vittime del Covid