Appaltopoli, condannati per associazione i funzionari. Prescritti corruzione e turbativa

PERUGIA – Un anno e mezzo di reclusione per tre imputati e un anno e mezzo per un’altra. Sono arrivate le condanne per il processo d’appello “Appaltopoli”. I funzionari coinvolti sono stati ritenuti colpevoli di associazione per delinquere, prescritti invece i reati di corruzione e turbativa. Pene più severe per Adriano Maraziti, Fabio Patumi e Massimo Lupini, mano più leggera su Maria Antonietta Barbieri. Assolti Carlo Carini, Dino Bico e Paolo Piselli.  Con le condanne, per i funzionari pubblici, potrebbe spuntare anche la richiesta risarcitoria delle parti civili. Chi è ancora al lavoro potrebbe avere dei procedimenti disciplinari.

In primo grado le pene inflitte dal tribunale erano state più severe: ad Adriano Maraziti erano arrivati cinque anni e 4 mesi di reclusione, al responsabile di settore dell’area affari generali della Provincia Fabio Patumi cinque anni, all’istruttore amministrativo direttivo dell’ufficio appalti della Provincia Maria Antonietta Barbieri quattro anni e al direttore tecnico della Seas Massimo Lupini quattro anni e 10 mesi.  I giudici hanno concesso le attenuanti generiche agli imputati.

Per i reati diversi dall’associazione a delinquere i giudici hanno prosciolto gli imputati nel rito ma non nel merito. Tra le pene accessorie la Corte ha condannato gli imputati Maraziti, Patumi, Barbieri, Lupini, insieme a Lucio Gervasi, Giustiniano Baldelli, Corrado Bocci, Marcello Betti, Francesco Pagnotta, Ilario Pelliccia e Giovanni Rinalducci al pagamento delle spese della parte civile Provincia di Perugia in complessivi 2.200 euro. Amleto Pasquini, invece, dovrà versare il medesimo importo all’altra parte civile Anas. Tra 90 giorni arriverà la motivazione della sentenza e si capirà anche l’utilizzo che è stato fatto delle intercettazioni telefoniche escluse dal primo grado.

Soddisfatto Luciano Ghirga, l’avvocato di Carlo Carini. Per Nicola Di Mario, che ha difeso Massimo Lupini, si è detto convinto della non configurabilità dell’ipotesi associativa. Claudio Cimato ha detto che “l’esito assolutorio era scontato”.

 

 

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