Carcere più umano, in Umbria 400 detenuti in meno in tre anni. Il sottosegretario all’Interno: “Capanne modello da esportare”

PERUGIA – “Ai detenuti, dopo anni di carcere, serve un po’ di libertà altrimenti non è possibile capire se sono cambiati. Io ho fatto 18 anni di galera e, dopo vari colloqui, ho avuto il permesso di uscire per lavorare in un’azienda agricola, dove ho imparato tante cose e un po’ di speranza. Lavoro anche dentro al carcere, insieme ad altri faccio piccole opere di manutenzione ed è molto importante per me. Ho quattro figli e vorrei avere la semilibertà per ricostruire la mia vita”.
Le parole di Domenico, calabrese di circa 50 anni, detenuto nella casa circondariale di Capanne a Perugia, riassumono meglio di tante altre il cambiamento avvenuto negli ultimi tre anni nelle carceri umbre, dove si è passati da 1.680 a 1.224 persone, circa 400 in meno rispetto al 2012. Una diminuzione significativa, permessa soprattutto dai nuovi provvedimenti legislativi adottati, che hanno depenalizzato diversi reati riducendo il sovraffollamento delle celle. A Perugia, in particolare, la popolazione carceraria è passata da 640 (con 150 materassi a terra) a 293 persone e sono stati attivati diversi progetti per promuovere funzione rieducativa del carcere, che oggi può essere assunto come una sorta di modello positivo nel resto del Paese. Parola dell’onorevole Gianpiero Bocci, sottosegretario al ministero dell’Interno, e del deputato Walter Verini, componente della commissione giustizia della Camera, che il 6 febbraio hanno visitato il carcere di Capanne insieme all’assessore regionale a Salute, coesione sociale e welfare, Luca Barberini, accompagnati dalla direttrice della struttura, Bernardina Di Mario, e dal capo della penitenziaria Fulvio Brilli. Una visita volta a fare il punto della situazione, conclusasi con la consegna di materiale sportivo a parte del Coni e delle federazioni umbre di ciclismo, pallavolo e calcio.

“Il sovraffollamento delle carceri – ha detto Verini – è una pratica disumana, con i detenuti trattati come polli accatastati gli uni sugli altri. Oggi è una battaglia vinta sul piano nazionale e regionale, ma siamo solo all’inizio: è doveroso investire nell’umanità della pena detentiva e rispettare la Costituzione secondo cui il carcere serve a rieducare e a reinserire. Lavoro, formazione, socializzazione sport, mediazione culturale sono importanti e vanno implementate perché questo significa investire in sicurezza”.

“Siamo in una casa circondariale – ha sottolineato Bocci – che oggi rappresenta un modello da esportare nel sistema carcerario italiano. Abbiamo visitato la carcere con detenuti ergastolani e loro stessi hanno riconosciuto che da quando sono stati trasferiti a Perugia la loro vita detentiva è cambiata in meglio. Abbiamo personale che ha grande competenza, professionalità e umanità, c’è un rapporto positivo con i detenuti e questo è attestato di civiltà, democrazia e orgoglio”. Il sottosegretario ha anche ringraziato la direttrice della struttura perché “si è instaurato un rapporto positivo con le forze dell’ordine che operano fuori dal carcere, con la segnalazioni dei detenuti che stanno per uscire e l’applicazione dei dovuti provvedimenti: questo è stato decisivo per riportare la sicurezza a Perugia e in Umbria”. Bocci ha anche ringraziato il personale della polizia peniteziaria che “sa gestire un equilibrio fragile e che merita il giusto riconoscimento” ed evidenziato che “la Costituzione ci obbliga a scommettere nella capacità di ricominciare: in carcere c’è gente che vuole rifarsi una vita e il loro futuro dipende da quello che noi riusciamo a fare per loro”.

Il capo della penitenziaria Brilli ha ringraziato per l’attenzione delle istituzioni ed evidenziato che “qui a Perugia il personale riesce a coniugare fermezze e cortesia, ascolta e non istiga”.

L’assessore regionale Barberini ha sottolineato l’impegno della Regione per “garantire una buona sanità anche in carcere, dove c’è un’assistenza sanitaria di buon livello ma va migliorato l’accesso alle strutture esterne quando c’è necessità” e per “venire incontro alle varie situazioni di bisogno anche con l’aiuto di realtà sociali e sportive del territorio”. Barberini ha anche evidenziato la necessità “di dare ai detenuti speranza di un reinserimento sociale e per questo sono state proposte diverse attività formative e lavorative e presto attiveremo un progetto pilota per la produzione di generi agroalimentari all’interno del carcere”.

La direttrice del carcere Di Mario ha spiegato che “se si sono raggiunti risultati importanti è grazie agli interventi normativi effettuati. Il carcere ha ritrovato la sua dimensione, è stato riorganizzato andando verso un processo di cambiamento che ha messo il detenuto al centro, sono aumentati gli spazi, la cella è tornata a essere luogo di pernottamento, non dove stare chiusi 24 ore su 24. Ora stiamo cercando di riempire il tempo dei detenuti con l’aiuto dei soggetti esterni. Nel 2015 grazie a fondi europei sono stati attivati ciqnue corsi di formazione con 70 detenuti, di cui molti sono stati avviati al lavoro. Alcuni hanno ottenuto la borsa-lavoro al’esterno, ci sono stati imprenditori umbri disponibili e poi tutti sono stati assunti a tempo indeterminato”.

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