Città di Castello, la protesta della Cna: “Il Comune non applica il regolamento sulla Tari per le imprese”

CITTA’ DI CASTELLO – C’erano volute delle battaglie, ma alla fine le imprese erano riuscite a vedersi riconosciuto il diritto a escludere dalla tassa sui rifiuti solidi urbani le aree destinate alla produzione di rifiuti che vengono smaltiti in modo speciale. La Cna aveva lanciato l’allarme nel 2013, denunciando il rischio di un pagamento doppio per quelle aziende che producono scarti soggetti a recupero o destinati a subire un trattamento speciale. Da allora, il diritto a scorporare le superfici in cui tali scarti speciali si generano dal computo per il calcolo dell’imposta sui rifiuti solidi urbani è contenuto, come previsto da una normativa di livello nazionale, nei regolamenti dei Comuni. Compreso quello di Città di Castello, che però, nonostante i ripetuti solleciti di Cna Umbria, continua a disapplicare la norma approvata dal Consiglio comunale. Non solo, restano inevase anche decine di domande di rimborso presentate da quelle imprese che possono dimostrare di aver avviato a recupero a proprie spese anche i rifiuti assimilati. E questo sta andando avanti ormai da tre anni.

“È da tempo – afferma Fabiano Coletti di Cna Umbria – che inviamo solleciti alla Sogepu, l’azienda pluriservizi cui il Comune di Città di Castello ha affidato l’intera filiera dei rifiuti, affinché applichi la legge e rimborsi alle imprese le somme già versate. Ma nonostante le diverse richieste di contatto, nonostante gli incontri avuti con il Sindaco stesso e la dirigente comunale competente, la Sogepu continua a non dare risposte e, di contro, a disapplicare la norma, costringendo le imprese a pagare imposte sensibilmente superiori al dovuto e a non vedersi rimborsati i soldi pagati ingiustamente. Abbiamo avuto molta pazienza, ma adesso intendiamo rendere pubblico quanto sta accadendo. Siamo contenti che la Sogepu abbia recentemente e pubblicamente decantato la chiusura in attivo del bilancio 2016, ma questo non può avvenire sulla pelle delle imprese e violando le norme vigenti. È arrivato il momento – conclude Coletti – che le imprese si vedano riconosciuti i propri diritti. Su questo siamo disposti anche a promuovere una classa action”.

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