L’Umbria non è per giovani: disoccupazione al 26%, 8mila in fuga

FOLIGNO – L’Umbria non è un paese per giovani, che sono il 5 per cento in meno degli anziani, disoccupati nel 26 per cento dei casi, più poveri dei loro coetanei di 25 anni fa, costretti ad emigrare in 8mila nel giro di quattro anni. E’ il quadro emerso nel corso di un incontro pubblico sul mondo giovanile, che si è volto venerdì sera a Foligno, promosso dall’associazione culturale “Il Baiocco”, che ha chiamato a raccolta istituzioni, scuola e imprese per un confronto a tutto campo sull’universo dei giovani nell’era della post verità. Un’iniziativa molto partecipata, che ha visto come relatori il sottosegretario al ministero dell’Interno, Gianpiero Bocci, l’assessore regionale alla Salute, alla Coesione sociale e al Welfare, Luca Barberini, il presidente di Assindustria Foligno, Paolo Bazzica, la dirigente scolastica, Silvia Mattei, e protagonisti alcuni giovani del territorio che hanno raccontato la loro esperienza fra studio e difficoltà per l’accesso al lavoro.

Un quadro allarmante

Il quadro emerso, secondo dati diffusi dall’assessore Barberini, è allarmante. In Umbria sono 182mila i giovani fra 14 e 35 anni: il 20,5% della popolazione, mentre gli over 65 sono il 25%. Rispetto al 2012 ci sono 8mila giovani in meno, un calo del 4,5% registrato in tutte le aree della regione, sopratutto in quelle più marginali. In nessun territorio i giovani sono più degli anziani. La disoccupazione giovanile in Umbria è del 26,8%: è pari al 39% fra i 15 e i 24 anni, al 27% fra i 18 e i 29 e al 13% fra i 25 e i 34. Rispetto al 2007 è aumentata del 26% per la fascia 15-24 anni e del 18% per quella 18-29 anni. Poi ci sono i Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro: il 21%. In Umbria il tasso di disoccupazione giovanile è peggiore della media italiana. Secondo il Censis, i giovani umbri sono più poveri del 26,5% rispetto a 25 anni fa, seppure più istruiti e formati.

L’analisi del sottosegretario Bocci

“Le difficoltà mondo giovanile è legata a diversi fattori, tra cui la crisi economica che ha fatto aumentare l’incertezza, insidia gravissima per i giovani che hanno bisogno di coesione sociale e della possibilità di essere messi alla prova per farsi un futuro. Siamo in una società che ha prodotto disuguaglianze e blocchi sociali: anni fa era più facile di oggi che il figlio di un contadino diventasse avvocato, notaio, medico. E se si arriva a questo punto, costruiremo un Paese in cui non saranno premiate competenza, intelligenza e fantasia, ma sarà la provenienza sociale a fare la differenza. Un elemento che deve far riflettere, perché non è così che si costruisce una comunità migliore”.

E ancora: “Paghiamo un’indebolimento del dettato costituzionale, perché se diminuiscono lavoro e istruzione vengono messi in discussione diritti fondamentali. Abbiamo pensato male il nostro Paese: la cosa peggiore è aver costruito una società senza regole, senza una vera programmazione. Un esempio è la progettazione urbanistica: abbiamo costruito città dormitorio, quartieri senza identità e senza senso della comunità, quindi senza spazio per giovani. Non possiamo delegare tutto alle scuole, servono spazi dove aiutare i ragazzi a crescere evitando il rischio dell’individualismo. Basta guardare a Perugia, con quartieri come Fontivegge, San Sisto, Ponte San Giovanni, zone a rischio sicurezza, dove più che comunità ci sono dormitori. Tutto questo incide sulle giovani generazioni. La speranza, in un contesto profondamente cambiato, è un nuovo rinascimento democratico, con una società che prenda atto della fine di una stagione e costruisca una comunità diversa fondata su nuove opportunità”.

L’intervento dell’assessore Barberini

“Il quadro che emerge dai dati regionali è allarmante: servono soluzioni diverse e strumenti nuovi rispetto a quelli messi in campo finora, evidentemente inadeguati e insufficienti. La nuova legge regionale sui giovani prova a farlo, rendendo i ragazzi protagonisti del presente e non solo del futuro. Bisogna creare rapporti diversi tra scuola, istituzioni, imprese, università che generino nuove opportunità. C’è anche una retorica da sgomberare, quella dei cervelli in fuga: istituzioni e aziende italiane (quindi umbre) dovrebbero ascoltarli, perché possono diventare ponti utili tra il nostro Paese e mondi ancora troppo lontani. C’è poi una sfida culturale: più giovani impegnati in politica e nelle istituzioni, forse così potremmo sperare di costruire una comunità più innovativa, giusta e adeguata”.

Le imprese e la scuola

Per il presidente degli industriali Bazzica “oggi ci viene chiesto di essere multifunzione e aziende, istituzioni e giovani devono sapersi adattare al cambiamento e all’innovazione e tutti, ognuno nel ruolo che gli spetta, dobbiamo lavorare per realizzare un sistema che renda il nostro Paese di nuovo protagonista”.
Secondo la dirigente scolastica Silvia Mattei “la scuola italiana deve innovarsi per dare ai giovani tutte le competenze che servono per inserirsi in un mondo del lavoro globale, con spirito di innovazione e imprenditorialità”.