Morti per caccia. Il Wwf si appella al ministero dell’Interno

PERUGIA – Non si può morire per praticare uno sport e una passione. A seguito di una serie di tragici eventi luttuosi che si sono verificati durante battute di caccia al cinghiale e che hanno determinato la morte o il ferimento di  persone addirittura estranee, interviene il Wwf che tramite Sauro Presenzini, coordinatore regionale delle guardie giurate addette, ope legis, al controllo e vigilanza sulla caccia, ha scritto al ministro dell’Interno Marco Minniti, all’assessore regionale Fernanda Cecchini e ai prefetti di Perugia e Temi. “Troppi morti fra le doppiette” chiosa Presenzini, siamo di fronte a “omicidi colposi per imperizia negligenza e colpa grave nel maneggio delle armi. La cronaca parla di due morti fra i cacciatori umbri, solo nell’ultimo settimana. Ed ecco alcuni motivi: “Durante i nostri controlli sulle battute al cinghiale e nella verifica dei registri di battuta, si può apprezzare l’elevata età media del partecipante 60-75 anni, i quali partecipanti, oggi quasi sistematicamente utilizzano le micidiali carabine a canna rigata, armi che riescono a sparare proiettili a una distanza inimmaginabile. Una potenza veramente spropositata, rispetto alla preda da abbattere. Poiché la legge 157/92 vieta l’uso di fucili a canna rigata, se non ad una distanza di sicurezza pari ad almeno una volta e mezzo la gittata massima, ci si domanda quindi ragionevolmente, dove possa essere quel luogo, quel territorio in Italia per usare dette armi in completa sicurezza, dove in un raggio di 6 km non vi siano strade, case, vie di comunicazione, luoghi di lavoro, ferrovie. Veniamo quindi alle concause che contribuiscono fortemente a generare i cosiddetti incidenti di caccia, che più correttamente le singole procure inquadrano invece, tra gli omicidi colposi, causati da imperizia negligenza e colpa grave, durante il maneggio delle armi da parte del cacciatore di turno. Si chiede quindi autonomamente, ognuno per le rispettive competenze, di voler valutare l’opportunità di limitare l’uso delle armi a canna rigata, ovvero consentirne l’uso solo ed esclusivamente da postazioni sopraelevate e/o altane. Nel 2016 sono state – secondo i dati riportati da Laffranco –  sono state 1.128 le domande di risarcimento danni presentate dalle aziende agricole del territorio, per un valore totale che si attesta intorno ai 700mila euro. La proposta di legge dispone l’introduzione e la contestualizzazione della figura degli “operatori abilitati”, muniti di licenza diporto di fucile, previamente abilitati a seguito dì frequentazione di appositi corsi della Regione.

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